venerdì 16 gennaio 2015

Sony Hackerata Da Hacker Nord Coreani? (The Interview)

Circa un mese e mezzo fas un gruppo di hacker che si presentava sotto il nome di #GOP (Guardians Of Peace) aveva hackerato un database della Sony Pictures Entertainment sequestrando 11 terabyte di materiale di vario tipo, per poi chiedere a Sony una sorta di riscatto, minacciando di rendere pubblici dati sensibili come email personali, dati finanziari e le informazioni contenute nei passaporti di decine di membri dei cast dei film in produzione.
Precisamente il 24 novembre, Sony Pictures Entertainment si rende conto di essere stata pesantemente hackerata.
Gli impiegati non riescono ad accedere alla rete aziendale, sui monitor appaiono degli scheletri e un messaggio: “Hacked by GOP”, cioè Guardians Of Peace.
Scoprono così che quasi tutti i loro dati interni sono stati cancellati e che nel contempo sono stati riversati online una gran quantità di documenti e informazioni riservate.
Si stimano 38 milioni di file, tra cui email, stipendi, numeri di social security, film ancora non usciti.
Gli hacker sono entrati in possesso di cinque film in alta qualità, quattro dei quali ai tempi ancora devono uscire nelle sale americane: si trattava di Annie (dicembre 2014), To Write Love On Her Arms (Marzo 2015), Mr Turner (dicembre 2014), Still Alice (gennaio 2015) e Fury(uscito invece ad ottobre).
I film sono ora reperibili nei circuiti torrent più utilizzati da chi fruisce materiale pirata.
Da quel momento, nei giorni successivi, è un calvario per la Sony: email imbarazzanti tra i dirigenti dell’azienda in cui si fanno commenti sulle star di Hollywood o perfino su Barack Obama.
I salari dei top manager.
Ma anche una piano antipirateria delle major che sembra prendere di mira niente di meno che Google.
Ma secondo molte fonti, la questione potrebbe essere molto più spinosa di così.


IL MOTIVO DELL'ATTACCO?
Al momento del cyberattacco, infatti, c’era chi aveva ventilato l’ipotesi che dietro il saccheggio ci fosse niente meno che il governo della Corea del Nord, che da mesi tuona minacce contro James Franco e Sony, rei di aver girato una pellicola che si porrebbe come un “atto di guerra vero e proprio” contro il governo nordcoreano.
Lo scorso giugno infatti l’ambasciatore norcoreano scrive una lettera al segretario generale Ban Ki-Moon, in cui accusa gli Usa di sponsorizzare terrorismo e atti di guerra attraverso la trama di un film.
L’atto di guerra in questione sarebbe il film The Interview che hanno deciso di ambientare la loro ultima impresa proprio nella patria di Kim Jong Un.
Nel film, i due attori intepretano un presentatore televisivo e un produttore associato incaricati di intervistare il dittatore coreano, salvo poi essere reclutati loro malgrado dalla CIA per assassinarlo.


FBI
Il primo dicembre, l’Fbi dice si stare investigando il caso e in maniera informale, attraverso fonti governative anonime, inizia a indicare la Corea del Nord.
Due giorni dopo, sui media, un diplomatico nordcoreano nega il coinvolgimento del suo Paese.
Qualche giorno dopo gli hacker si rifanno vivi e mandano una email minacciosa agli impiegati di Sony e relative famiglie dicendo che devono sostenere i Gop, anche se il messaggio è sconclusionato e non si capisce cosa dovrebbero fare.
L’agenzia di notizie nordcoreana nega sempre un coinvolgimento di Pyongyang nell’hackeraggio ma celebra il fatto come un’azione ispirata da indignazione e non esclude che sia stata condotta da “simpatizzanti”.
Il giorno dopo, l’8 dicembre, gli hacker postano online su GitHub un nuovo messaggio in cui chiedono a Sony di ritirare The Interview.
Poche ore dopo rilasciano la casella di posta di due dirigenti Sony, Amy Pascal e Steven Mosko, che fa partire un nuovo giro di gossip.
Escono anche informazioni mediche su dipendenti di Sony.
Alcuni dei quali, a distanza di giorni dalla scoperta della violazione, continuano a ricevere messaggi dal Gop sugli schermi dei computer.
Nel frattempo partono le prime azioni legali contro Sony da parte di suoi stessi ex impiegati, che la accusano di non aver fatto abbastanza per proteggere i loro dati.
Si arriva così al 16 dicembre quando i Guardians Of Peace postano un messaggio minaccioso, evocando l’11 settembre, contro i cinema che proiettino The Interview.
A quel punto, dopo un primo momento di incertezza e dopo che alcune sale tolgono la pellicola dalla programmazione, Sony ritira The Interview, malgrado il Dipartimento di sicurezza interna dica che non ci siano elementi credibili su un possibile attentato ai cinema.
La major si attira così molte critiche anche dagli stessi americani.
Il 19 dicembre, l’Fbi rilascia infine un comunicato ufficiale in cui accusa il governo della Corea del Nord soprattutto per l’analisi tecnica del malware che sarebbe collegato a precedenti attacchi nordcoreani.
La rete di computer usata per condurre il Sony Hack, sostiene un documento ottenuto da Ap, comprenderebbe poi macchine infette distribuite tra New York, Polonia, Bolivia, Thailandia, Singapore, Cipro e Italia(Botnet?).



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