mercoledì 13 settembre 2017

Decifrata La Lettera Del Diavolo Grazie Al Deep Web

L'11 agosto 1676 Suor Maria Crocifissa della Concezione, meglio conosciuta come Isabella Tomasi, viene trovata seduta a terra vicino al suo letto, «mezza faccia sinistra imbrattata di nero inchiostro», il respiro affannoso, il calamaio sulle ginocchia, un foglio tra le mani scritto in un alfabeto incomprensibile.
Una lettera, una base a quello che si tramanda, dettatale da Satana in persona al termine di una lotta estenuante con un gruppo di demoni.
Nessuna suora così come nessuno dell'epoca e dei secoli successivi riuscirà mai a tradurre quegli strani idiomi.
Comincia così un mistero che accompagnerà l'umanità per i successivi 340 anni.
Sino a qualche giorno fa appunto.
Quando un gruppo di fisici e di informatici siciliani, l’ha appena decifrata, utilizzando un programma di decriptazione preso a loro dire dal "Deep Web", il grande mare nascosto della rete.

Daniele Abate (responsabile del team): "C’è di tutto là dentro droga, prostituzione, pedofilia, e anche programmi utilizzati dall’intelligence per decifrare messaggi segreti, come quello che abbiamo usato noi. Algoritmi che fanno tentativi di decifrazione, individuando caratteri simili che si ripetono. Un tentativo, è bene chiarirlo, ma un tentativo i cui esiti ci hanno stupiti. Abbiamo inserito nel programma l’alfabeto greco, quello latino, quello runico (delle antiche popolazioni germaniche) e quello degli yazidi, il popolo considerato adoratore del diavolo che abitò il Sinjar iracheno prima della comparsa dell’Islam, tutti alfabeti che suor Maria Crocifissa poteva avere visto o conosciuto. L’algoritmo prima individua i caratteri che si ripetono uguali, poi li compara con i segni alfabetici più simili nelle varie lingue"

Quelle poche righe, che ricordano a prima vista un po’ il greco classico e un po’ l’alfabeto cirillico, raccontano infatti qualcosa.
Non del tutto coerente, non del tutto comprensibile, ma certo relazionata con Dio e con Belzebù: «Forse ormai certo Stige», si legge nella lettera, e Stige è uno dei cinque fiumi degli Inferi secondo la mitologia greca e romana.
E poi ancora: «Poiché Dio Cristo Zoroastro seguono le vie antiche e sarte cucite dagli uomini, Ohimé».
E infine: «Un Dio che sento liberare i mortali».

Daniele Abate: "L’idea che mi sono fatto è che questo sia un alfabeto preciso, inventato dalla suora con grande cura mischiando simboli che conosceva. Ogni simbolo è ben pensato e strutturato, ci sono segni che si ripetono, un’iniziativa forse intenzionale e forse inconscia. Lo stress della vita monacale era molto forte, la donna potrebbe avere sofferto di un disturbo bipolare, allora non c’erano farmaci né diagnosi psichiatriche. Certamente c’era il diavolo nella sua testa"

Per la Chiesa di allora, invece, la lettera era l’esito della lotta contro uno stuolo di «innumerabili spiriti maligni» decisi a utilizzare suor Maria Crocifissa fatta poi beata come «misero corsiero» per un messaggio preciso: chiedere a Dio di lasciare i mortali ai loro peccati, e di smettere di elargire «Misericordia e Pietà».
Di non strapparli dalle braccia di Lucifero, insomma.
Sarebbero stati i diavoli a costringerla a firmare la lettera (e lei, eroicamente, si sarebbe opposta scrivendo «Ohimé», l’unica parola comprensibile del documento).
Sarebbero stati i diavoli a imbrattarle la faccia di inchiostro, a minacciare di picchiarla col calamaio.
Suor Maria Crocifissa ne uscì tramortita, mentre i diavoli le ordinavano di portare subito il messaggio a Dio altrimenti «l’avrebbero castigata severamente».
Quelle 14 righe misteriose (custodite nel monastero di Palma di Montechiaro, ma una copia sta nell’archivio della Cattedrale di Agrigento) sono tutto ciò di quel che resta della lotta con Belzebù. C’erano altri due messaggi dei demoni, ma la suora non li scrisse e li portò con sé nella tomba.

"Non mi domandate di questo per carità che non posso in verun modo dirlo, e nemmeno occorre dirlo io, che verrà tempo che il tutto udirete e vedrete"

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