martedì 29 maggio 2018

I Bitcoin Finiscono Nella Dichiarazione Dei Redditi? Legge Per Aziende e Privati

Quello delle criptovalute elettroniche, è un settore che, tra luci e ombre, si sta diffondendo sempre più come una realtà in continua espansione.
Ormai da tempo si cercava di regolarizzare il tutto, Bitcoin e più in generale criptovalute, dovranno entrare nella dichiarazione dei redditi.
Infatti i possessori di criptovalute dovranno inserire le valute virtuali all'interno del quadro RW della propria dichiarazione dei redditi.
L'Agenzia delle Entrate ha affrontato due questioni che stavano sollevando una certa preoccupazione in vista delle imminenti scadenze dichiarative: la tassazione del capital gain (il guadagno realizzato con la differenza tra il prezzo d'acquisto e di vendita) derivante dalla cessione di Bitcoin e la gestione degli adempimenti richiesti dalla disciplina sul monitoraggio fiscale.
Secondo l'agenzia delle entrate, i Bitcoin devono essere trattati alla stregua di una valuta estera tradizionale.
In altre parole, applicando le stesse regole di tassazione per redditi diversi di natura finanziaria derivanti dalla cessione "a pronti" di valuta estera emessa da una Banca Centrale.
In base alla norma in vigore, infatti, i proventi da cessione a titolo oneroso di valuta derivante da depositi e conti correnti esteri assumono rilevanza fiscale se, nel periodo d'imposta, la giacenza media di tali depositi e conti correnti (calcolata utilizzando il cambio vigente all'inizio del periodo di riferimento) è superiore al controvalore di 51.645,69 euro per almeno sette giorni lavorativi consecutivi.
Applicato alle criptovalute, depositi e conti correnti corrispondono ai Wallet, mentre il tasso di cambio vigente all'inizio del periodo di riferimento, sulla base del quale effettuare il calcolo della giacenza media nel periodo d'imposta, corrisponde al rapporto di cambio tra valuta virtuale ed Euro, rilevato sul sito presso il quale l'investitore ha acquistato i bitcoin. La plusvalenza sarà conteggiata come differenza tra il prezzo di vendita e il costo di acquisto (al netto di eventuali minusvalenze scomputabili): il valore così calcolato dovrà essere dichiarato nel quadro RT del Modello Unico PF e tassato con imposta sostitutiva al 26%.
Tutto ciò per quanto riguarda le aziende e i negozi (quindi ricevere pagamenti in Bitcoin equivarrà a ricevere pagamenti in dollari o sterline).
L'investimento in Bitcoin verrà considerato come una normale attività finanziaria suscettibile di produrre redditi imponibili in Italia.
L'Agenzia chiarisce, infine, che il possesso di Bitcoin non genera alcun obbligo di versamento dell'imposta sul valore dei prodotti finanziari (Ivafe), in quanto il possesso di valuta virtuale non può essere assimilato a depositi e conti correnti di "natura bancaria".
Per i cittadini privati invece, si presuppone che il possesso di valute non equivalga ad attività di trading finalizzate all’ottenimento di plusvalenze, anche quando poi questo in realtà accade. 
Anche se, come detto, c'è un limite.
Nel momento in cui infatti, durante il corso di un anno, per almeno 7 giorni consecutivi, si dovesse superare il limite di possesso di Bitcoin per un controvalore pari a 51.645,69 euro, allora l’Agenzia delle entrate considererebbe anche per il privato la sussistenza di un’attività speculativa chiedendo il pagamento delle tasse.
Anche in questo caso dunque, scatterebbe l’obbligo di dichiarazione delle plusvalenze, da inserire nel quadro RT del Modello Unico PF (persone fisiche), e su di esse verrebbe applicata un’aliquota pari sempre al 26%.

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