La campagna di spionaggio denominata "Operazione Pistacchietto" riguarda una backdoor italiana diffusasi inizialmente nel 2016 ed attiva ancora oggi.
Ad individuare il trojan sono stati gli analisti di TG Soft, software house veneta specializzata nella realizzazioni di antimalware della linea Vir.IT.
La diffusione della minaccia avviene tramite mail con link che inviterebbero a visitare un dominio italiano, dal quale si viene invogliati a scaricare un file per un (presunto) aggiornamento Java chiamato WIN.bat.
Piuttosto che scaricare una versione aggiornata di Java, Win.bat ha l’obiettivo di contattare la pagina github.com/pistacchietto/Win-Python-Backdoor: esso include documenti e fogli di calcolo con macro malevole, il suddetto Win.bat e altro ancora.
Il listato Batch scarica i diversi componenti della backdoor sul sistema, e la componente principale della minaccia è un eseguibile (wup1.exe) che l’antivirus Vir.IT identifica come Backdoor.Win32.Pistacchietto.A (hash MD5: DD58EAB17F853A4C26B49FCE21B53A38).
La backdoor è in grado di comunicare con tre diversi domini di comando & controllo localizzati in Italia (sui server di Aruba, Wind e Cloudflare).
Una volta infettato il sistema, il trojan è in grado di eseguire nuovi file, chiudere processi, dare privilegi di accesso ad altri utenti e molto altro ancora. Il malware usa tool legittimi come wget per raggiungere i suoi scopi malevoli.
Non è chiaro, al momento, se il bersaglio della backdoor sia un’organizzazione o un soggetto specifici o se si tratti piuttosto di un progetto malevolo ancora in fase di evoluzione, la cosa certa è che dietro dovrebbe esserci un italiano o un gruppo d'italiani.
L'analisi completa della minaccia e il meccanismo di attacco lo trovate descritto sul sito ufficiale del team di ricerca: TG Soft
mercoledì 27 febbraio 2019
lunedì 25 febbraio 2019
La LIBS e Il Plasma: Motori Elettrici, Satelliti, VASIMR e Stampanti 3D
Plasmi indotti da Laser ad alta potenza sono ormai utilizzati a livello spaziale (micro-propulsori di satelliti) ed utili a livello esplorativo nello spazio.
Il principio fisico che regola il plasma è che quando una radiazione Laser è focalizzata su un campione (solido, liquido o gas), l’energia della radiazione elettromagnetica si trasforma in eccitazione elettronica.
Se l’energia del Laser supera una certa soglia dipendente dalle caratteristiche del campione e dai parametri del Laser utilizzato, si avrà l’evaporazione e la parziale ionizzazione del campione.
I plasmi indotti da Laser in poche parole sono “gas” di particelle cariche.
Perciò un fascio Laser di breve impulso ed elevata energia focalizzato su un campione converte istantaneamente un elemento finito del campione nei suoi costituenti in fase vapore.
A seguito di ciò, la nube di plasma si espande. Sia l’elevata densità elettronica sia l’elevata temperatura sostengono un plasma che evolve rapidamente attraverso una serie di meccanismi cinetici.
Tramite tecniche spettroscopiche è possibile svolgere analisi chimiche e quant'altro.
Se non si usa un Laser troppo potente la tecnica è, si, micro-distruttiva ma crea solo piccoli solchi nel campione utilizzato (in termini tecnici si parla di "ablazione").
Questo principio è già sfruttato da anni per lanciare satelliti in orbita nello spazio.
Operativo nell’orbita geostazionaria 35.800 chilometri dalla Terra, Eutelsat172B, costruito da Airbus per Eutelsat, è uno dei principali operatori satellitari al mondo, che combina 13 kW di potenza del suo carico utile, con una massa di soli 3.550 kg. Lanciato a bordo di un razzo Ariane 5 da Kourou, nella Guiana francese, il 1° giugno 2017, ha raggiunto con successo l’orbita iniziale attorno alla Terra. I propulsori elettrici hanno guidato il satellite verso la sua posizione definitiva, consumando circa sei volte in meno la massa di propellente utilizzata per un satellite a propulsione chimica.
Esso è utilizzato per fornire servizi di telecomunicazione, banda larga e connettività in volo nella regione Asia-Pacifico.
Nicolas Chamussy, a capo del settore sistemi spaziali di Airbus: "Siamo la prima compagnia ad utilizzare la propulsione elettrica per satelliti di questa dimensione e capacità, consentendone il lancio in totale efficienza. Inoltre, grazie al nostro sistema di progettazione, la strategia operativa e la tecnologia di propulsione al plasma che abbiamo implementato, abbiamo completato il trasferimento in orbita geostazionaria a propulsione elettrica più veloce che mai, condizione che permetterà a Eutelsat di far entrare in servizio il proprio satellite elettrico in tempi record"
Yohann Leroy, responsabile Tecnico di Eutelsat, ha aggiunto: "Eutelsat 172B combina la propulsione elettrica, l’elevata capacità trasmissiva, i bracci meccanici e le tecniche di stampa 3D, il nostro nuovo satellite riflette inoltre la capacità dell’Europa di promuovere l’innovazione per aumentare la competitività del nostro business"
Lo sviluppo di satelliti Airbus Eurostar completamente elettrici è stato supportato da ESA (Agenzia Spaziale Europea) e dalle agenzie spaziali dei paesi europei, in particolare in Francia dal CNES, l’agenzia spaziale francese, nell’ambito del programma PIA (Plan d’Investissements d’Avenir) e nel Regno Unito dall’Agenzia spaziale britannica.
MOTORE ELETTRICO AL PLASMA PER AEREI
Tra i tanti utilizzi del LIBS (o LIPS) al plasma, c'è anche quello di sostituire i motori a carburante con quelli elettrici al plasma.
Si tratta di propulsori al plasma, che come carburante usano l’argon.
In questo motore il gas eccitato cioè il plasma (le cui molecole sono state private di elettroni), viene spinto all'esterno ad alta velocità attraverso un ugello. Per effetto della reazione al getto in uscita la navicella viene spinta in avanti, esattamente come avviene con un motore a combustibile chimico.
Il plasma potrebbe essere prodotto attraverso l'elettricità (prodotta da pannelli solari) o con un reattore nucleare (si avrebbe così plasma ad altissima energia, che darebbe all’astronave una velocità molto elevata).
Questi tipi di motori sono stati studiati e analizzati in laboratorio per decine d’anni, teorizzandone l’utilizzo solamente per spostare satelliti nello spazio.
L'idea, secondo una ricerca di un'università tedesca del 2017, è quella di montare i motori al plasma direttamente sugli aerei.
Grazie a ciò è possibile superare l' altitudine di 30 km raggiunta dai jet più avanzati; con i motori al plasma si potrebbe addirittura arrivare ai confini dell’atmosfera e viaggiare nello spazio aperto.
I motori degli aerei tradizionali generano una spinta miscelando e bruciando aria compressa con del carburante: questa miscela ardente si espande rapidamente ed è espulsa dal motore con forte pressione, spingendo in avanti il corpo a cui è legato come detto.
Invece i motori al plasma usano l’elettricità per generare campi elettromagnetici, che comprimono ed eccitano un gas (come ad esempio l’argon) che viene trasformato in plasma, similmente a ciò che si osserva in una fusione nucleare o all’interno di una stella.
I motori dei jet attuali tendono a funzionare bene a basse pressioni con una sufficiente scorta di gas, quelli al plasma non sono condizionati dalla pressione atmosferica e funzionano ugualmente bene sia alla pressione del suolo che a quella dei limiti dell’atmosfera, con una velocità che arriva a 20 km/s. La spinta dei motori al plasma sarebbe data da micro-scariche elettriche, riuscendo così a muovere un aereo in ogni direzione.
Durante i test di laboratorio di fine 2017 furono utilizzati mini propulsori con un diametro di 80 millimetri, ma questo significherebbe che un aereo dovrebbe montarne circa 10.000.
Un altro problema è legato alla scorta di elettricità necessaria per il volo: per alimentare una stringa di propulsori al plasma occorre così tanta corrente che in pratica l’aereo avrebbe bisogno di una centrale elettrica interna.
Come già detto, secondo i ricercatori, una soluzione potrebbe essere l’installazione di pannelli solari al di fuori dell’aeromobile.
Un altro gruppo di ricerca sta lavorando anche ad un motore ibrido, che combina l’azione del plasma con quella del carburante, cercando un compromesso tra risparmio energetico, miglioramento delle prestazioni e fattibilità del progetto.
IL VASIMR DELLA NASA
A fine 2018, la NASA ha affiancato una compagnia texana, la Ad Astra Rocket, nella realizzazione di un rivoluzionario motore: il VASIMR.
VASIMR è un nuovo motore per l’esplorazione spaziale, acronimo di Variable Specific Impulse Magnetoplasma Rocket. Esso è un propulsone elettromagnetico che renderebbe possibile per un’astronave raggiungere Marte in appena 39 giorni.
Secondo i progetti, il razzo di Ad Astra Rocket viaggerà dieci volte più velocemente di qualsiasi razzo attualmente esistente, utilizzando un decimo del carburante.
Il VASIMR dovrebbe accorciare di mesi il viaggio verso Marte, rendendo la colonizzazione del pianeta rosso sempre più probabile.
Franklin Chang Diaz, astronauta della NASA ed ora CEO di Ad Astra Rockets: "Il VASIMR non è paragonabile ad altri razzi visti in precedenza. Stiamo parlando di un razzo al plasma, il VASIMR non verrà impiegato per lanciare dispositivi, ma sarà impiegato per la ‘propulsione intra-spaziale’, interagendo con oggetti già in orbita"
Il VASIMR surriscalda il plasma, un gas elettricamente caricato, a temperature incredibilmente alte utilizzando onde radio.
Il sistema quindi offre la spinta incanalando il plasma surriscaldato dagli ugelli posteriori del motore.
Il risparmio sarà di milioni di dollari.
In altre parole il sistema spinge il plasma caldo fuori dalla parte posteriore del motore, scatenando una potenza incredibile a un decimo del carburante.
STAMPANTI 3D AL PLASMA
Un'altra applicazione della tecnica sono sicuramente le stampanti a getto di plasma, sviluppate da un team NASA guidato da Ram Gandhiraman.
Stampanti in grado di generare un sottile getto di particelle di semiconduttore su substrati di materiale flessibile ed economico, per esempio stoffa, così da produrre, per esempio, dispositivi elettronici indossabili.
Che genere di dispositivi? Anzitutto sensori progettati per monitorare parametri vitali, per misurare la concentrazione di neurotrasmettitori quali la dopamina e la serotonina, o ancora per rilevare la presenza nell’ambiente di particolari molecole, per esempio l’ammoniaca. Sensori cruciali per la sopravvivenza in ambienti ostili, come appunto quello marziano, ma soggetti a usura.
Il processo di stampa messo a punto dalla NASA è pensato per garantire gli approvvigionamenti anche in assenza di materie prime ad hoc.
"La nostra stampante dovrebbe essere in grado di fabbricare, nello spazio, i dispositivi on-demand facendo uso sia di risorse già presenti su Marte sia di rifiuti o altro materiale di scarto"
Analoga indipendenza dalle scorte anche per quanto riguarda i gas, per esempio l’elio, necessari a generare il flusso di plasma (su Marte dovrebbero essere disponibili nell'atmosfera).
La stessa NASA sta varando anche ad un processo produttivo che utilizza batteri in grado di riciclare, durante le missioni di lunga durata, i metalli necessari all’elettronica per trasformarli nell' "inchiostro" con il quale riempire le cartucce della stampante a getto di plasma.
FISSIONE E FUSIONE NUCLEARE
Se il plasma può farci arrivare su Marte in tempi relativamente brevi, per arrivare più lontano serve altro ad esempio, un propulsore a fissione nucleare, alimentato da elementi radioattivi.
Cioè una piccola centrale nucleare.
Il Rubbiatron è un sistema che prevede l'utilizzo di torio e persino plutonio: questi elementi, bombardati da neutroni a loro volta prodotti dal bombardamento di protoni (generati da un acceleratore di particelle) sul piombo. Il risultato finale è che si produce energia che riscalda idrogeno che, espulso dall'ugello, può arrivare a spingere una navicella a 50 km al secondo.
Perché il Rubbiatron non è mai stato utilizzato rimane un mistero. Dopotutto pochi chili di materiale radioattivo potrebbero bastare per missioni su Marte di un anno con sette-otto mesi di permanenza sul Pianeta.
Il torio rimane altamente radioattivo ed uno dei limiti è che quello polverizzato s'incendia facilmente.
Per via dell' alta disponibilità di uranio e della sua maggiore predisposizione nell'assorbimento di neutroni, quest'ultimo ad esempio rimane preferibile per la costruzione di ordigni nucleari; il vantaggio del torio è che viene smaltito prima ed ha una radiotossicità sul lungo periodo...inferiore (è smaltito molto prima rispetto all'uranio). La disintegrazione d'isotopi instabili produce il radon, gas altamente radioattivo esso stesso.
Il plutonio invece è utilizzato per bombe atomiche e nei reattori nucleari.
Tuttavia per l'inizio di una vera esplorazione dello Spazio servono almeno motori a fusione nucleare, dove a produrre energia sono gli atomi di idrogeno che si fondono insieme, come nelle stelle.
Un progetto (concettuale) della NASA ipotizza che con questa tecnologia un’astronave potrebbe trasportare un carico utile di 150-200 tonnellate a 400 chilometri al secondo, che vuol dire raggiungere Giove in 3 mesi.
ANTIMATERIA
Per andare ancora più in là, nello Spazio, bisogna pensare ai propulsori ad antimateria, ossia motori dove fare annichilire materia e antimateria (cioè particelle identiche alle ordinarie ma con carica opposta), generando energie straordinarie, miliardi di volte quella possibile con gli attuali propulsori chimici.
Con 100 microgrammi di antimateria (prodotta da un acceleratore di particelle) si potrebbe arrivare oltre Plutone...in 50 anni.
EM DRIVE
Em Drive invece è un sistema di propulsione a spinta elettromagnetica.
Quando parliamo di motori a reazione (non quelli delle automobili quindi, che sono pensati per muovere un mezzo su strada) la costante è la terza legge di Newton: ad ogni azione corrisponde una reazione uguale e contraria. Per andare in avanti, dunque, questi motori propellono qualcosa all’indietro: che sia acqua, nei motori ad idrogetto, aria in quelli degli aerei o i gas di scarico nel caso dei motori spaziali tradizionali. Per funzionare necessitano dunque di carburante, qualcosa da spingere nella direzione contraria a quella desiderata.
Ci sono alternative quali le vele solari ovvero strutture che accelerano le astronavi sfruttando la pressione della radiazione magnetica proveniente dal Sole. Ma i risultati, in termini di velocità raggiungibile e facilità di utilizzo non sono esattamente quelli sperati.
O ancora lo Starshot, il progetto che mira ad accelerare le astronavi da Terra, sparando un raggio laser estremamente potente che funga da sistema di propulsione esterno per l’apparecchio.
L’Em Drive sarebbe invece un motore che non necessita di carburante o fonti esterne di propulsione, capace di produrre una spinta sufficiente per accelerare, fino a raggiungere in tempi accettabili gli altri pianeti del nostro Sistema solare.
Come funziona? Per ora rimane un mistero, anche per il suo inventore, l’inglese Roger Shawyer.
Il dispositivo consiste sostanzialmente in una cavità metallica conica al cui interno vengono fatte rimbalzare delle onde elettromagnetiche.
Un sistema chiuso, da cui non viene emesso nulla che possa giustificare la formazione di una spinta in avanti. Messo alla prova prima da Shawyer nel 1999, e più di recente anche dai ricercatori della NASA, l’Em Drive sembra produrre una leggera spinta in direzione del lato anteriore della cavità.
In sostanza, le onde elettromagnetiche che rimbalzano sull’interno della parete frontale del dispositivo sembrano riuscire a spingerlo in avanti.
Una circostanza impossibile, assicurano i fisici: è come se fosse possibile muoversi spingendosi da soli sulla schiena, o come spostare un automobile colpendo il parabrezza dall’interno. Eppure gli esperimenti svolti fino ad oggi hanno continuato a dare risultati positivi.
Il principio fisico che regola il plasma è che quando una radiazione Laser è focalizzata su un campione (solido, liquido o gas), l’energia della radiazione elettromagnetica si trasforma in eccitazione elettronica.
Se l’energia del Laser supera una certa soglia dipendente dalle caratteristiche del campione e dai parametri del Laser utilizzato, si avrà l’evaporazione e la parziale ionizzazione del campione.
I plasmi indotti da Laser in poche parole sono “gas” di particelle cariche.
Perciò un fascio Laser di breve impulso ed elevata energia focalizzato su un campione converte istantaneamente un elemento finito del campione nei suoi costituenti in fase vapore.
A seguito di ciò, la nube di plasma si espande. Sia l’elevata densità elettronica sia l’elevata temperatura sostengono un plasma che evolve rapidamente attraverso una serie di meccanismi cinetici.
Tramite tecniche spettroscopiche è possibile svolgere analisi chimiche e quant'altro.
Se non si usa un Laser troppo potente la tecnica è, si, micro-distruttiva ma crea solo piccoli solchi nel campione utilizzato (in termini tecnici si parla di "ablazione").
Questo principio è già sfruttato da anni per lanciare satelliti in orbita nello spazio.
Operativo nell’orbita geostazionaria 35.800 chilometri dalla Terra, Eutelsat172B, costruito da Airbus per Eutelsat, è uno dei principali operatori satellitari al mondo, che combina 13 kW di potenza del suo carico utile, con una massa di soli 3.550 kg. Lanciato a bordo di un razzo Ariane 5 da Kourou, nella Guiana francese, il 1° giugno 2017, ha raggiunto con successo l’orbita iniziale attorno alla Terra. I propulsori elettrici hanno guidato il satellite verso la sua posizione definitiva, consumando circa sei volte in meno la massa di propellente utilizzata per un satellite a propulsione chimica.
Esso è utilizzato per fornire servizi di telecomunicazione, banda larga e connettività in volo nella regione Asia-Pacifico.
Nicolas Chamussy, a capo del settore sistemi spaziali di Airbus: "Siamo la prima compagnia ad utilizzare la propulsione elettrica per satelliti di questa dimensione e capacità, consentendone il lancio in totale efficienza. Inoltre, grazie al nostro sistema di progettazione, la strategia operativa e la tecnologia di propulsione al plasma che abbiamo implementato, abbiamo completato il trasferimento in orbita geostazionaria a propulsione elettrica più veloce che mai, condizione che permetterà a Eutelsat di far entrare in servizio il proprio satellite elettrico in tempi record"
Yohann Leroy, responsabile Tecnico di Eutelsat, ha aggiunto: "Eutelsat 172B combina la propulsione elettrica, l’elevata capacità trasmissiva, i bracci meccanici e le tecniche di stampa 3D, il nostro nuovo satellite riflette inoltre la capacità dell’Europa di promuovere l’innovazione per aumentare la competitività del nostro business"
Lo sviluppo di satelliti Airbus Eurostar completamente elettrici è stato supportato da ESA (Agenzia Spaziale Europea) e dalle agenzie spaziali dei paesi europei, in particolare in Francia dal CNES, l’agenzia spaziale francese, nell’ambito del programma PIA (Plan d’Investissements d’Avenir) e nel Regno Unito dall’Agenzia spaziale britannica.
MOTORE ELETTRICO AL PLASMA PER AEREI
Tra i tanti utilizzi del LIBS (o LIPS) al plasma, c'è anche quello di sostituire i motori a carburante con quelli elettrici al plasma.
Si tratta di propulsori al plasma, che come carburante usano l’argon.
In questo motore il gas eccitato cioè il plasma (le cui molecole sono state private di elettroni), viene spinto all'esterno ad alta velocità attraverso un ugello. Per effetto della reazione al getto in uscita la navicella viene spinta in avanti, esattamente come avviene con un motore a combustibile chimico.
Il plasma potrebbe essere prodotto attraverso l'elettricità (prodotta da pannelli solari) o con un reattore nucleare (si avrebbe così plasma ad altissima energia, che darebbe all’astronave una velocità molto elevata).
Questi tipi di motori sono stati studiati e analizzati in laboratorio per decine d’anni, teorizzandone l’utilizzo solamente per spostare satelliti nello spazio.
L'idea, secondo una ricerca di un'università tedesca del 2017, è quella di montare i motori al plasma direttamente sugli aerei.
Grazie a ciò è possibile superare l' altitudine di 30 km raggiunta dai jet più avanzati; con i motori al plasma si potrebbe addirittura arrivare ai confini dell’atmosfera e viaggiare nello spazio aperto.
I motori degli aerei tradizionali generano una spinta miscelando e bruciando aria compressa con del carburante: questa miscela ardente si espande rapidamente ed è espulsa dal motore con forte pressione, spingendo in avanti il corpo a cui è legato come detto.
Invece i motori al plasma usano l’elettricità per generare campi elettromagnetici, che comprimono ed eccitano un gas (come ad esempio l’argon) che viene trasformato in plasma, similmente a ciò che si osserva in una fusione nucleare o all’interno di una stella.
I motori dei jet attuali tendono a funzionare bene a basse pressioni con una sufficiente scorta di gas, quelli al plasma non sono condizionati dalla pressione atmosferica e funzionano ugualmente bene sia alla pressione del suolo che a quella dei limiti dell’atmosfera, con una velocità che arriva a 20 km/s. La spinta dei motori al plasma sarebbe data da micro-scariche elettriche, riuscendo così a muovere un aereo in ogni direzione.
Durante i test di laboratorio di fine 2017 furono utilizzati mini propulsori con un diametro di 80 millimetri, ma questo significherebbe che un aereo dovrebbe montarne circa 10.000.
Un altro problema è legato alla scorta di elettricità necessaria per il volo: per alimentare una stringa di propulsori al plasma occorre così tanta corrente che in pratica l’aereo avrebbe bisogno di una centrale elettrica interna.
Come già detto, secondo i ricercatori, una soluzione potrebbe essere l’installazione di pannelli solari al di fuori dell’aeromobile.
Un altro gruppo di ricerca sta lavorando anche ad un motore ibrido, che combina l’azione del plasma con quella del carburante, cercando un compromesso tra risparmio energetico, miglioramento delle prestazioni e fattibilità del progetto.
IL VASIMR DELLA NASA
A fine 2018, la NASA ha affiancato una compagnia texana, la Ad Astra Rocket, nella realizzazione di un rivoluzionario motore: il VASIMR.
VASIMR è un nuovo motore per l’esplorazione spaziale, acronimo di Variable Specific Impulse Magnetoplasma Rocket. Esso è un propulsone elettromagnetico che renderebbe possibile per un’astronave raggiungere Marte in appena 39 giorni.
Secondo i progetti, il razzo di Ad Astra Rocket viaggerà dieci volte più velocemente di qualsiasi razzo attualmente esistente, utilizzando un decimo del carburante.
Il VASIMR dovrebbe accorciare di mesi il viaggio verso Marte, rendendo la colonizzazione del pianeta rosso sempre più probabile.
Franklin Chang Diaz, astronauta della NASA ed ora CEO di Ad Astra Rockets: "Il VASIMR non è paragonabile ad altri razzi visti in precedenza. Stiamo parlando di un razzo al plasma, il VASIMR non verrà impiegato per lanciare dispositivi, ma sarà impiegato per la ‘propulsione intra-spaziale’, interagendo con oggetti già in orbita"
Il VASIMR surriscalda il plasma, un gas elettricamente caricato, a temperature incredibilmente alte utilizzando onde radio.
Il sistema quindi offre la spinta incanalando il plasma surriscaldato dagli ugelli posteriori del motore.
Il risparmio sarà di milioni di dollari.
In altre parole il sistema spinge il plasma caldo fuori dalla parte posteriore del motore, scatenando una potenza incredibile a un decimo del carburante.
STAMPANTI 3D AL PLASMA
Un'altra applicazione della tecnica sono sicuramente le stampanti a getto di plasma, sviluppate da un team NASA guidato da Ram Gandhiraman.
Stampanti in grado di generare un sottile getto di particelle di semiconduttore su substrati di materiale flessibile ed economico, per esempio stoffa, così da produrre, per esempio, dispositivi elettronici indossabili.
Che genere di dispositivi? Anzitutto sensori progettati per monitorare parametri vitali, per misurare la concentrazione di neurotrasmettitori quali la dopamina e la serotonina, o ancora per rilevare la presenza nell’ambiente di particolari molecole, per esempio l’ammoniaca. Sensori cruciali per la sopravvivenza in ambienti ostili, come appunto quello marziano, ma soggetti a usura.
Il processo di stampa messo a punto dalla NASA è pensato per garantire gli approvvigionamenti anche in assenza di materie prime ad hoc.
"La nostra stampante dovrebbe essere in grado di fabbricare, nello spazio, i dispositivi on-demand facendo uso sia di risorse già presenti su Marte sia di rifiuti o altro materiale di scarto"
Analoga indipendenza dalle scorte anche per quanto riguarda i gas, per esempio l’elio, necessari a generare il flusso di plasma (su Marte dovrebbero essere disponibili nell'atmosfera).
La stessa NASA sta varando anche ad un processo produttivo che utilizza batteri in grado di riciclare, durante le missioni di lunga durata, i metalli necessari all’elettronica per trasformarli nell' "inchiostro" con il quale riempire le cartucce della stampante a getto di plasma.
FISSIONE E FUSIONE NUCLEARE
Se il plasma può farci arrivare su Marte in tempi relativamente brevi, per arrivare più lontano serve altro ad esempio, un propulsore a fissione nucleare, alimentato da elementi radioattivi.
Cioè una piccola centrale nucleare.
Il Rubbiatron è un sistema che prevede l'utilizzo di torio e persino plutonio: questi elementi, bombardati da neutroni a loro volta prodotti dal bombardamento di protoni (generati da un acceleratore di particelle) sul piombo. Il risultato finale è che si produce energia che riscalda idrogeno che, espulso dall'ugello, può arrivare a spingere una navicella a 50 km al secondo.
Perché il Rubbiatron non è mai stato utilizzato rimane un mistero. Dopotutto pochi chili di materiale radioattivo potrebbero bastare per missioni su Marte di un anno con sette-otto mesi di permanenza sul Pianeta.
Il torio rimane altamente radioattivo ed uno dei limiti è che quello polverizzato s'incendia facilmente.
Per via dell' alta disponibilità di uranio e della sua maggiore predisposizione nell'assorbimento di neutroni, quest'ultimo ad esempio rimane preferibile per la costruzione di ordigni nucleari; il vantaggio del torio è che viene smaltito prima ed ha una radiotossicità sul lungo periodo...inferiore (è smaltito molto prima rispetto all'uranio). La disintegrazione d'isotopi instabili produce il radon, gas altamente radioattivo esso stesso.
Il plutonio invece è utilizzato per bombe atomiche e nei reattori nucleari.
Tuttavia per l'inizio di una vera esplorazione dello Spazio servono almeno motori a fusione nucleare, dove a produrre energia sono gli atomi di idrogeno che si fondono insieme, come nelle stelle.
Un progetto (concettuale) della NASA ipotizza che con questa tecnologia un’astronave potrebbe trasportare un carico utile di 150-200 tonnellate a 400 chilometri al secondo, che vuol dire raggiungere Giove in 3 mesi.
ANTIMATERIA
Per andare ancora più in là, nello Spazio, bisogna pensare ai propulsori ad antimateria, ossia motori dove fare annichilire materia e antimateria (cioè particelle identiche alle ordinarie ma con carica opposta), generando energie straordinarie, miliardi di volte quella possibile con gli attuali propulsori chimici.
Con 100 microgrammi di antimateria (prodotta da un acceleratore di particelle) si potrebbe arrivare oltre Plutone...in 50 anni.
EM DRIVE
Em Drive invece è un sistema di propulsione a spinta elettromagnetica.
Quando parliamo di motori a reazione (non quelli delle automobili quindi, che sono pensati per muovere un mezzo su strada) la costante è la terza legge di Newton: ad ogni azione corrisponde una reazione uguale e contraria. Per andare in avanti, dunque, questi motori propellono qualcosa all’indietro: che sia acqua, nei motori ad idrogetto, aria in quelli degli aerei o i gas di scarico nel caso dei motori spaziali tradizionali. Per funzionare necessitano dunque di carburante, qualcosa da spingere nella direzione contraria a quella desiderata.
Ci sono alternative quali le vele solari ovvero strutture che accelerano le astronavi sfruttando la pressione della radiazione magnetica proveniente dal Sole. Ma i risultati, in termini di velocità raggiungibile e facilità di utilizzo non sono esattamente quelli sperati.
O ancora lo Starshot, il progetto che mira ad accelerare le astronavi da Terra, sparando un raggio laser estremamente potente che funga da sistema di propulsione esterno per l’apparecchio.
L’Em Drive sarebbe invece un motore che non necessita di carburante o fonti esterne di propulsione, capace di produrre una spinta sufficiente per accelerare, fino a raggiungere in tempi accettabili gli altri pianeti del nostro Sistema solare.
Come funziona? Per ora rimane un mistero, anche per il suo inventore, l’inglese Roger Shawyer.
Il dispositivo consiste sostanzialmente in una cavità metallica conica al cui interno vengono fatte rimbalzare delle onde elettromagnetiche.
Un sistema chiuso, da cui non viene emesso nulla che possa giustificare la formazione di una spinta in avanti. Messo alla prova prima da Shawyer nel 1999, e più di recente anche dai ricercatori della NASA, l’Em Drive sembra produrre una leggera spinta in direzione del lato anteriore della cavità.
In sostanza, le onde elettromagnetiche che rimbalzano sull’interno della parete frontale del dispositivo sembrano riuscire a spingerlo in avanti.
Una circostanza impossibile, assicurano i fisici: è come se fosse possibile muoversi spingendosi da soli sulla schiena, o come spostare un automobile colpendo il parabrezza dall’interno. Eppure gli esperimenti svolti fino ad oggi hanno continuato a dare risultati positivi.
sabato 23 febbraio 2019
Come Avere Più Account Di Un App Sullo Smartphone (WhatsApp, Facebook, Giochi)
Non tutti sanno che "clonando" un app, è possibile usare due account in contemporanea sui vostri social, giochi, app preferite o altro sul vostro device Android.
Questa funziona è fornita dall'app Parallel Space.
Si tratta in pratica di un "ambiente" che virtualizza le app e permette di farne girare due in contemporanea.
Ad esempio, nel caso di telefono dual SIM potrete gestire due account WhatsApp in modo completamente separato l'uno dall'altro (con numero diverso quindi doppia identità, senza che nessuno se ne accorga).
Parallel Space è compatibile con quasi tutte le app disponibili sul Play Store, ed è molto semplice da usare.
Ovviamente avere due copie della stessa app installata vorrà dire doppio spazio occupato (quindi per giochi ed app dispendiose, i giga occupati potrebbero essere diversi!). Inoltre, aumenterà anche il consumo di risorse e batteria, specialmente per le app che funzionano in background (app social e instant messenger che richiedono le notifiche push).
Ad ogni modo, Parallel Space occupa solo 2 MB di spazio una volta installata.
Dato il fine dell'app, non c'è da stupirsi che la lista dei permessi necessari a farla girare è estremamente lunga.
Ma non potrete fare altrimenti.
Non è invece necessario avere i privilegi di root abilitati sul proprio device.
Per il download: Parallel Space
Trovate altre app simili qui:
Multiple Accounts - Parallel App (Play Store)
Multiple Accounts - 64Bit Engine (Play Store)
Dual Space - Multiple Accounts & App Cloner
2Accounts (Play Store)
Questa funziona è fornita dall'app Parallel Space.
Si tratta in pratica di un "ambiente" che virtualizza le app e permette di farne girare due in contemporanea.
Ad esempio, nel caso di telefono dual SIM potrete gestire due account WhatsApp in modo completamente separato l'uno dall'altro (con numero diverso quindi doppia identità, senza che nessuno se ne accorga).
Parallel Space è compatibile con quasi tutte le app disponibili sul Play Store, ed è molto semplice da usare.
Ovviamente avere due copie della stessa app installata vorrà dire doppio spazio occupato (quindi per giochi ed app dispendiose, i giga occupati potrebbero essere diversi!). Inoltre, aumenterà anche il consumo di risorse e batteria, specialmente per le app che funzionano in background (app social e instant messenger che richiedono le notifiche push).
Ad ogni modo, Parallel Space occupa solo 2 MB di spazio una volta installata.
Dato il fine dell'app, non c'è da stupirsi che la lista dei permessi necessari a farla girare è estremamente lunga.
Ma non potrete fare altrimenti.
Non è invece necessario avere i privilegi di root abilitati sul proprio device.
Per il download: Parallel Space
Trovate altre app simili qui:
Multiple Accounts - Parallel App (Play Store)
Multiple Accounts - 64Bit Engine (Play Store)
Dual Space - Multiple Accounts & App Cloner
2Accounts (Play Store)
giovedì 21 febbraio 2019
Come Tracciare I Bitcoin: Metodo FIFO (Taintchain)
Un team di ricercatori della università inglese di Cambridge avrebbe individuato un modo per tracciare i Bitcoin, anche se evidentemente riciclati.
Il tutto è descritto in "Tendrils Of Crime: Visualizing the diffusion of stolen Bitcoins" dei tre autori Mansoor Ahmed, Ilia Shumailov e Ross Anderson.
Lo studio completo lo potete trovare qui: Tendrils Of Crime: visualizing the diffusion of stolen Bitcoins
Come si sa il Bitcoin è semi-anonimo (da un lato le transazioni sono pubbliche, dall'altro non si sa a chi appartengono, soprattutto se alla criptovaluta le si fa perdere le "tracce", come si dice in gergo), tuttavia non è facile tracciare i fondi rubati, seguire il flusso di denaro e risalire a chi effettua le transazioni.
Le unità stesse (Bitcoin e sotto-multipli quali i Satoshi) sono impossibili da tracciare in quanto non hanno identificatori univoci.
La modalità più utilizzata per nascondere le tracce dei Bitcoin rubati è il riciclaggio.
Ad esempio, spostando Bitcoin rubati e mischiandoli a quelli "puliti" gli si fa perdere le tracce.
Questi stessi Bitcoin potrebbero essere trasferiti su un gran numero di wallet, rendendo impossibile stabilire quali siano puliti e quali no.
Un altro problema che emerge è come determinare chi deve essere risarcito, in caso di furto o riciclaggio.
I ricercatori hanno costruito un algoritmo che si rifà ad una legge britannica del 1800 che stabilisce una serie di regole semplici per dividere i soldi rimanenti quando una banca va in bancarotta.
Questa legge è diventata la base per l’assegnazione di denaro in una vasta gamma di situazioni.
Alla base di tutto un'udienza del 1816 per il caso Clayton, in cui la decisione presa dal giudice in quel momento fu che chiunque abbia messo i propri soldi per primo, deve avere il diritto di riceverli prima.
Ciò ha portato al concetto FIFO (first-in-first-out), che poi è diventato il metodo standard per identificare i legittimi proprietari di denaro in caso di beni rubati.
In poche parole, se in mezzo a 5 Bitcoin...2 sono stati rubati, l’algoritmo presume che i primi 2 che escono nelle prossime transazioni del wallet incriminato siano quelli rubati e li segue fino al loro prossimo indirizzo, dove poi viene ri-applicata la stessa regola.
Gli altri 3 Bitcoin non vengono seguiti.
L’algoritmo Taintchain mostra quindi i risultati in modo da poter consentire la visualizzazione di pattern comportamentali sospetti.
Ovviamente il grande volume di transazioni rende comunque difficile l'attuazione di questo metodo, ma il team è stato in grado di identificare una serie di comportamenti legati al riciclaggio di denaro.
Il tutto è descritto in "Tendrils Of Crime: Visualizing the diffusion of stolen Bitcoins" dei tre autori Mansoor Ahmed, Ilia Shumailov e Ross Anderson.
Lo studio completo lo potete trovare qui: Tendrils Of Crime: visualizing the diffusion of stolen Bitcoins
Come si sa il Bitcoin è semi-anonimo (da un lato le transazioni sono pubbliche, dall'altro non si sa a chi appartengono, soprattutto se alla criptovaluta le si fa perdere le "tracce", come si dice in gergo), tuttavia non è facile tracciare i fondi rubati, seguire il flusso di denaro e risalire a chi effettua le transazioni.
Le unità stesse (Bitcoin e sotto-multipli quali i Satoshi) sono impossibili da tracciare in quanto non hanno identificatori univoci.
La modalità più utilizzata per nascondere le tracce dei Bitcoin rubati è il riciclaggio.
Ad esempio, spostando Bitcoin rubati e mischiandoli a quelli "puliti" gli si fa perdere le tracce.
Questi stessi Bitcoin potrebbero essere trasferiti su un gran numero di wallet, rendendo impossibile stabilire quali siano puliti e quali no.
Un altro problema che emerge è come determinare chi deve essere risarcito, in caso di furto o riciclaggio.
I ricercatori hanno costruito un algoritmo che si rifà ad una legge britannica del 1800 che stabilisce una serie di regole semplici per dividere i soldi rimanenti quando una banca va in bancarotta.
Questa legge è diventata la base per l’assegnazione di denaro in una vasta gamma di situazioni.
Alla base di tutto un'udienza del 1816 per il caso Clayton, in cui la decisione presa dal giudice in quel momento fu che chiunque abbia messo i propri soldi per primo, deve avere il diritto di riceverli prima.
Ciò ha portato al concetto FIFO (first-in-first-out), che poi è diventato il metodo standard per identificare i legittimi proprietari di denaro in caso di beni rubati.
In poche parole, se in mezzo a 5 Bitcoin...2 sono stati rubati, l’algoritmo presume che i primi 2 che escono nelle prossime transazioni del wallet incriminato siano quelli rubati e li segue fino al loro prossimo indirizzo, dove poi viene ri-applicata la stessa regola.
Gli altri 3 Bitcoin non vengono seguiti.
L’algoritmo Taintchain mostra quindi i risultati in modo da poter consentire la visualizzazione di pattern comportamentali sospetti.
Ovviamente il grande volume di transazioni rende comunque difficile l'attuazione di questo metodo, ma il team è stato in grado di identificare una serie di comportamenti legati al riciclaggio di denaro.
martedì 19 febbraio 2019
Tutte Le Funzioni Di HiJackThis Fork v3 e Dove Ricevere Supporto
La pubblicazione nel 2012 del codice sorgente dello storico HiJackThis (lanciato nel 2004 ed ormai non più aggiornato da anni) diede il via ad una serie di altri programmi antimalware, di cui il migliore è sicuramente HiJackThis Fork v3. Cominciamo con il dire che esso garantisce piena compatibilità con tutte le versioni di Windows, comprese quelle a 64 bit. Il programma non richiede installazione.
Per il download: HiJackThis Fork v3 (Download) Al primo avvio, Windows SmartScreen mostrerà un messaggio di avviso: per avviare HiJackThis basta fare clic su "Ulteriori informazioni" quindi su "Esegui comunque". HiJackThis, è un po' diverso dai soliti software antivirus, cioè lui mostra liste degli oggetti scansionati dove estensioni e programmi legittimi si mescolano ad altri indesiderati o dannosi.
SCANSIONE
HiJackThis, così come la versione originale, effettua una scansione delle aree del sistema operativo più "infestate" dai componenti indesiderati e permette all'utente di rimuovere le singole voci (che provocano il caricamento di malware e PUP, potentially unwanted programs) semplicemente spuntando la casella corrispondente e cliccando sul pulsante "Fix Checked". Il programma, per impostazione predefinita, crea un backup di tutti gli elementi rimossi nella sezione accessibile cliccando sul pulsante "Config" quindi su "Backups". Con la voce "Registry, Key unlocker", è possibile assumere il controllo delle chiavi del registro che non risultassero direttamente modificabili mentre cliccando su "Files, unlock & delete files", si potrà disporre la cancellazione di quegli elementi che risultassero ineliminabili.
ALTRE FUNZIONI UTILI
Altre funzioni inglobate sono quelle di "Uninstall manager" (permette la rimozione dei programmi installati compresa l'eliminazione di voci orfane ancora presenti nella finestra Programmi e funzionalità di Windows), Process manager (un gestore dei processi in esecuzione) e StartupList (un modulo per ottenere informazioni dettagliate su tutti gli oggetti caricati automaticamente all'avvio del sistema operativo).
SUPPORTO ONLINE
Se non sapete come interpretare i log dei report ottenuti dalle scansioni, sono tante le risorse online a vostra disposizione. Ad esempio: Forum Hwupgrade oppure Forum Tomshw
Per il download: HiJackThis Fork v3 (Download) Al primo avvio, Windows SmartScreen mostrerà un messaggio di avviso: per avviare HiJackThis basta fare clic su "Ulteriori informazioni" quindi su "Esegui comunque". HiJackThis, è un po' diverso dai soliti software antivirus, cioè lui mostra liste degli oggetti scansionati dove estensioni e programmi legittimi si mescolano ad altri indesiderati o dannosi.
SCANSIONE
HiJackThis, così come la versione originale, effettua una scansione delle aree del sistema operativo più "infestate" dai componenti indesiderati e permette all'utente di rimuovere le singole voci (che provocano il caricamento di malware e PUP, potentially unwanted programs) semplicemente spuntando la casella corrispondente e cliccando sul pulsante "Fix Checked". Il programma, per impostazione predefinita, crea un backup di tutti gli elementi rimossi nella sezione accessibile cliccando sul pulsante "Config" quindi su "Backups". Con la voce "Registry, Key unlocker", è possibile assumere il controllo delle chiavi del registro che non risultassero direttamente modificabili mentre cliccando su "Files, unlock & delete files", si potrà disporre la cancellazione di quegli elementi che risultassero ineliminabili.
ALTRE FUNZIONI UTILI
Altre funzioni inglobate sono quelle di "Uninstall manager" (permette la rimozione dei programmi installati compresa l'eliminazione di voci orfane ancora presenti nella finestra Programmi e funzionalità di Windows), Process manager (un gestore dei processi in esecuzione) e StartupList (un modulo per ottenere informazioni dettagliate su tutti gli oggetti caricati automaticamente all'avvio del sistema operativo).
SUPPORTO ONLINE
Se non sapete come interpretare i log dei report ottenuti dalle scansioni, sono tante le risorse online a vostra disposizione. Ad esempio: Forum Hwupgrade oppure Forum Tomshw
lunedì 18 febbraio 2019
Smartphone Caduto In Acqua? Il Riso è Davvero Utile? Alcuni Test
Quando uno Smartphone cade in acqua, serve davvero immergerlo nel riso (crudo) per cercare di assorbire l'umidità e renderlo nuovamente funzionante?
Sicuramente il riso ha alcune proprietà assorbenti, il problema è che dipende sostanzialmente da quanto ogni chicco riesce ad assorbire: cioè, al fine di asciugare un cellulare bagnato, quasi niente.
In generale c’è chi consiglia di usare una particolare qualità di riso, chi di aggiungere del sale, chi di usare una busta sigillata o una scatola per scarpe immergendo il device elettronico in mezzo ai chicchi di riso.
Secondo Michael Zelenko uno dei primi messaggi su internet riguardanti il riso e le sue qualità assorbenti risale al 2000, quando un utente chiese su Yahoo Answers un consiglio su come asciugare internamente il suo Nokia 5310 finito in acqua, e gli fu consigliato di immergerlo nel riso per rimuovere l’umidità.
È probabile che il consiglio di usare il riso sia una naturale evoluzione di alcune pratiche seguite ben prima che esistesse Internet.
Alcune decenni fa i fotografi consigliavano di usare foglie di tè, carta da pacchi e riso per ridurre l’umidità nelle scatole in cui venivano conservate apparecchiature e pellicole fotografiche. E già all’epoca c’era chi metteva in dubbio l’effettiva efficacia di questi sistemi, ricordando che la loro capacità di assorbire l’umidità "è così minima che sono necessarie grandi quantità per ottenere un qualche effetto".
Negli anni per la conservazione all’asciutto di particolari oggetti si è comunque diffuso l’utilizzo del gel di silice, un composto del silicio che ha buone capacità assorbenti e deidratanti: sono le bustine che si trovano spesso nelle scarpe o nei prodotti elettronici.
Qui effettivamente si tratta di un qualcosa di provato scientificamente, il fatto è che parliamo comunque di quantità irrisorie di umidità assorbite (a meno di usare diverse decine di migliaia di queste bustine).
Online si legge effettivamente di gente che è riuscita a "recuperare" un cell caduto in acqua, immergendolo nel riso.
Il problema è che non c'è la controprova.
Cioè non si può stabilire cosa sarebbe successo, lasciando il cellulare a riposo qualche giorno lasciandolo semplicemente asciugare all'aria aperta.
Probabilmente il danno non era elevato al punto da compromettere definitivamente il device.
ALCUNI TEST CON AGENTI ESSICCANTI
Qualche anno fa sono stati condotti dei test, da cui è emerso che il riso non ha alcun effetto nella rimozione dell’umidità dal telefono, mentre possono avere un minimo effetto la sabbia usata per le lettiere dei gatti, il cuscus e l’avena.
Secondo i risultati dei test, la soluzione migliore è lasciare spento il telefono all’aria per almeno un giorno, in modo che l’acqua al suo interno evapori.
Il test prevedeva di immergere 9 cellulari (5 Samsung S III, 3 iPhone 4S ed 1 iPhone 3GS) in un contenitore d'acqua.
2 Samsung si sono spenti subiti, 3 con un po' più di fatica.
Gli iPhone invece si sono dimostrati quelli più resistenti, almeno apparentemente.
Gli apparecchi poi sono stati rimossi dall'acqua ed asciugati con carta, infine ne è stata rimossa la batteria.
Una volta aperti e lasciati asciugare, incredibilmente, i Samsung si son dimostrati quelli più resistenti in quanto sono stati quelli meno esposti all'acqua e che meglio sono riusciti a proteggere i circuiti interni (sicuramente aiutò la batteria rimovibile).
Poi sono state provate le qualità assorbenti di alcuni "materiali" per vedere quali di questi fosse in grado di assorbire più acqua, in 24 ore, da una spugna bagnata:
Lettiera per gatti
Couscous
Farina d'avena classica rotolata
Farina d'avena
Riso precotto
Gel di silice
Riso crudo
Il riso convenzionale secco e crudo si è dimostrata la peggiore delle 7 opzioni testate. Ha assorbito la minima quantità di acqua in 24 ore, rispetto al silica gel, lettiere per gatti, couscous, farina d'avena, avena classica e riso precotto.
La stessa spugna poi è stata lasciata all'aria aperta e l'acqua assorbita è stata incredibilmente maggiore rispetto a qualsiasi agente essiccante.
Dunque sembra che lasciare il telefono (a riposto per diversi giorni) su uno scaffale possa essere l'opzione migliore.
Il test lo trovate qui: Gazzelle.com (Water Damage Smartphone)
Anche secondo l'azienda TekDry, evapora più acqua lasciando uno Smartphone all’aria rispetto al metodo di chiuderlo in una scatola sommergendolo con chicchi di riso.
Secondo Zelenko, comunque, il sistema del riso offre un vantaggio: seppellito sotto i chicchi e chiuso in una scatola, non si ha la tentazione di provare ad accenderlo per vedere se funziona. La cosa peggiore che si possa fare è infatti accendere uno Smartphone quando c’è ancora molta umidità al suo interno: si potrebbero creare cortocircuiti ed ossidazioni che danneggiano in modo irreversibile alcuni componenti.
Anche il Phon non è molto consigliato perchè il getto di aria calda sposterebbe l'acqua sui circuiti (ci sono possibilità che ciò avvenga, soprattutto quando il dispositivo è ancora bagnato).
All’aria aperta o nel riso, uno Smartphone talvolta riesce a sopravvivere dopo avere subito un tuffo accidentale in acqua ma ciò dipende, oltre che dalle sue caratteristiche, anche da quanto tempo rimane sommerso.
Scelta una strada (riso o migliori soluzioni quali il gel di silice)...c'è chi riesce a farlo resuscitare e chi no ma non ci sarà mai la controprova se il sistema si è rivelato utile oppure no, appunto perchè non è possibile svolgere 2 test contemporaneamente nè sapere cosa sarebbe successo lasciandolo semplicemente all'aria aperta o usando un altro essiccante.
Sicuramente il riso ha alcune proprietà assorbenti, il problema è che dipende sostanzialmente da quanto ogni chicco riesce ad assorbire: cioè, al fine di asciugare un cellulare bagnato, quasi niente.
In generale c’è chi consiglia di usare una particolare qualità di riso, chi di aggiungere del sale, chi di usare una busta sigillata o una scatola per scarpe immergendo il device elettronico in mezzo ai chicchi di riso.
Secondo Michael Zelenko uno dei primi messaggi su internet riguardanti il riso e le sue qualità assorbenti risale al 2000, quando un utente chiese su Yahoo Answers un consiglio su come asciugare internamente il suo Nokia 5310 finito in acqua, e gli fu consigliato di immergerlo nel riso per rimuovere l’umidità.
È probabile che il consiglio di usare il riso sia una naturale evoluzione di alcune pratiche seguite ben prima che esistesse Internet.
Alcune decenni fa i fotografi consigliavano di usare foglie di tè, carta da pacchi e riso per ridurre l’umidità nelle scatole in cui venivano conservate apparecchiature e pellicole fotografiche. E già all’epoca c’era chi metteva in dubbio l’effettiva efficacia di questi sistemi, ricordando che la loro capacità di assorbire l’umidità "è così minima che sono necessarie grandi quantità per ottenere un qualche effetto".
Negli anni per la conservazione all’asciutto di particolari oggetti si è comunque diffuso l’utilizzo del gel di silice, un composto del silicio che ha buone capacità assorbenti e deidratanti: sono le bustine che si trovano spesso nelle scarpe o nei prodotti elettronici.
Qui effettivamente si tratta di un qualcosa di provato scientificamente, il fatto è che parliamo comunque di quantità irrisorie di umidità assorbite (a meno di usare diverse decine di migliaia di queste bustine).
Online si legge effettivamente di gente che è riuscita a "recuperare" un cell caduto in acqua, immergendolo nel riso.
Il problema è che non c'è la controprova.
Cioè non si può stabilire cosa sarebbe successo, lasciando il cellulare a riposo qualche giorno lasciandolo semplicemente asciugare all'aria aperta.
Probabilmente il danno non era elevato al punto da compromettere definitivamente il device.
ALCUNI TEST CON AGENTI ESSICCANTI
Qualche anno fa sono stati condotti dei test, da cui è emerso che il riso non ha alcun effetto nella rimozione dell’umidità dal telefono, mentre possono avere un minimo effetto la sabbia usata per le lettiere dei gatti, il cuscus e l’avena.
Secondo i risultati dei test, la soluzione migliore è lasciare spento il telefono all’aria per almeno un giorno, in modo che l’acqua al suo interno evapori.
Il test prevedeva di immergere 9 cellulari (5 Samsung S III, 3 iPhone 4S ed 1 iPhone 3GS) in un contenitore d'acqua.
2 Samsung si sono spenti subiti, 3 con un po' più di fatica.
Gli iPhone invece si sono dimostrati quelli più resistenti, almeno apparentemente.
Gli apparecchi poi sono stati rimossi dall'acqua ed asciugati con carta, infine ne è stata rimossa la batteria.
Una volta aperti e lasciati asciugare, incredibilmente, i Samsung si son dimostrati quelli più resistenti in quanto sono stati quelli meno esposti all'acqua e che meglio sono riusciti a proteggere i circuiti interni (sicuramente aiutò la batteria rimovibile).
Poi sono state provate le qualità assorbenti di alcuni "materiali" per vedere quali di questi fosse in grado di assorbire più acqua, in 24 ore, da una spugna bagnata:
Lettiera per gatti
Couscous
Farina d'avena classica rotolata
Farina d'avena
Riso precotto
Gel di silice
Riso crudo
Il riso convenzionale secco e crudo si è dimostrata la peggiore delle 7 opzioni testate. Ha assorbito la minima quantità di acqua in 24 ore, rispetto al silica gel, lettiere per gatti, couscous, farina d'avena, avena classica e riso precotto.
La stessa spugna poi è stata lasciata all'aria aperta e l'acqua assorbita è stata incredibilmente maggiore rispetto a qualsiasi agente essiccante.
Dunque sembra che lasciare il telefono (a riposto per diversi giorni) su uno scaffale possa essere l'opzione migliore.
Il test lo trovate qui: Gazzelle.com (Water Damage Smartphone)
Anche secondo l'azienda TekDry, evapora più acqua lasciando uno Smartphone all’aria rispetto al metodo di chiuderlo in una scatola sommergendolo con chicchi di riso.
Secondo Zelenko, comunque, il sistema del riso offre un vantaggio: seppellito sotto i chicchi e chiuso in una scatola, non si ha la tentazione di provare ad accenderlo per vedere se funziona. La cosa peggiore che si possa fare è infatti accendere uno Smartphone quando c’è ancora molta umidità al suo interno: si potrebbero creare cortocircuiti ed ossidazioni che danneggiano in modo irreversibile alcuni componenti.
Anche il Phon non è molto consigliato perchè il getto di aria calda sposterebbe l'acqua sui circuiti (ci sono possibilità che ciò avvenga, soprattutto quando il dispositivo è ancora bagnato).
All’aria aperta o nel riso, uno Smartphone talvolta riesce a sopravvivere dopo avere subito un tuffo accidentale in acqua ma ciò dipende, oltre che dalle sue caratteristiche, anche da quanto tempo rimane sommerso.
Scelta una strada (riso o migliori soluzioni quali il gel di silice)...c'è chi riesce a farlo resuscitare e chi no ma non ci sarà mai la controprova se il sistema si è rivelato utile oppure no, appunto perchè non è possibile svolgere 2 test contemporaneamente nè sapere cosa sarebbe successo lasciandolo semplicemente all'aria aperta o usando un altro essiccante.
domenica 17 febbraio 2019
Come Recuperare Un Account Instagram Hackerato
Recuperare un account Instagram rubato (hackerato) non è difficile, subentra qualche problema in più se, oltre ad aver perso l'accesso al vostro account social, vi è stata hackerata anche la mail con la quale vi siete registrati.
In ogni caso per iniziare il recupero dell'account dovete:
1) Accedere alla vostra app Instagram
2) Sotto accedi schiacciare su "ricevi assistenza" (per iPhone invece "password dimenticata?"
3) Inserire nome utente o numero di cellulare
4) Specificare un indirizzo mail valido dove poter azionare la procedura di recupero
5) Aspettate qualche giorno e vi arriverà una nuova mail dove dovrete verificare la vostra identità. Vi verrà chiesto un selfie con il vostro smartphone dovete tenete in mano un foglio di carta con su scritto a penna un codice fornito da loro, nome completo, mail originaria con la quale vi siete registrati sul servizio e nome utente
6) Infine riceverete un'altra mail con le info dettagliate per il recupero dell'account
giovedì 14 febbraio 2019
Hackerati 16 Siti Web: 617 Milioni Di Account Venduti Su Dream Market (2019)
Se con "Collection #1", un archivio da 87 GB, erano state messe a disposizione 773 milioni di mail e 22 milioni di password hackerate (diffuse prima su Mega attraverso 12mila files e poi sul Deep Web), con "Collection #2-5" era stato diffuso un file contenente 2.2 miliardi di nickname e password (845 GB). Vero che si trattava di precedenti casi di hackeraggio inerenti Yahoo, Dropbox e LinkedIn tuttavia negli ultimi giorni a finire nell'occhio del ciclone è stato un archivio (recente) venduto sulla Darknet di Tor contenente ben 617 milioni di account.
Questo gigantesco archivio viene venduto su Dream Market per circa 20.000 dollari (ovviamente è possibile comprare anche pacchetti di account singoli per ogni sito con un prezzo che varia dai 700 ai 1000 dollari in Bitcoin).
Questi dati rubati includono username, password ed indirizzo mail associato.
A seconda del sito ci sono anche ulteriori dati, come localizzazione, dati personali e token per l’autenticazione sui social media.
I siti colpiti sono questi:
Dubsmash (162 milioni di account)
MyFitnessPal (151 milioni)
MyHeritage (92 milioni)
ShareThis (41 milioni)
HauteLook (28 milioni)
Animoto (25 milioni)
EyeEm (22 milioni)
8fit (20 milioni)
Whitepages (18 milioni)
Fotolog (16 milioni)
500px (15 milioni)
Armor Games (11 milioni)
BookMate (8 milioni)
CoffeeMeetsBagel (6 milioni)
Artsy (1 milione)
DataCamp (700mila)
Le password sono hash o crittografate quindi prima di utilizzarle devono essere decriptate.
Questi dati rubati presumibilmente si rivolgono a spammer, e questo è il motivo per cui sono relativamente economici da acquistare. Ovviamente alcune di queste credenziali potrebbero dare accesso a social media personali o siti simili, se si è utilizzata la stessa password.
Così, per esempio, qualcuno che compra il database 500px potrebbe decodificare le password più deboli nella lista, perché alcune sono state sottoposte ad hash usando l'algoritmo MD5 ormai obsoleto, e quindi utilizzando l'indirizzo email e combinazioni di password...cercare di accedere a Gmail, Hotmail o Facebook dello stesso utilizzatore.
Per il furto, pare che gli Hackers abbiano sfruttato vulnerabilità all'interno delle Web app eseguendo codice da remoto.
I record provengono da archivi del 2018.
Alcuni dei siti Web, in particolare MyHeritage, MyFitnessPal e Animoto, erano già noti per essere stati violati in passato in quanto avevano avvertito i loro clienti l'anno scorso di essere stati compromessi, mentre gli altri non si erano accorti di nessuna violazione.
Un portavoce di MyHeritage ha confermato che i dati venduti sono reali e sono stati prelevati dai loro server nell'ottobre 2017.
Anche CoffeeMeetsBagel, 8fit, 500px, DataCamp e EyeEm hanno confermato che i dati degli account degli iscritti sono stati rubati dai loro server e messi in vendita questa settimana.
Durante lo scorso fine settimana, Dream Market era finito offline, apparentemente per un attacco DoS subito, ad inizio di questa settimana è tornato di nuovo online.
Se non avete mai utilizzato queste piattaforme, allora siete fuori pericolo.
In caso contrario, invece, cambiate subito la vostra password, soprattutto nel caso sia la stessa usata su altri account.
Questo gigantesco archivio viene venduto su Dream Market per circa 20.000 dollari (ovviamente è possibile comprare anche pacchetti di account singoli per ogni sito con un prezzo che varia dai 700 ai 1000 dollari in Bitcoin).
Questi dati rubati includono username, password ed indirizzo mail associato.
A seconda del sito ci sono anche ulteriori dati, come localizzazione, dati personali e token per l’autenticazione sui social media.
I siti colpiti sono questi:
Dubsmash (162 milioni di account)
MyFitnessPal (151 milioni)
MyHeritage (92 milioni)
ShareThis (41 milioni)
HauteLook (28 milioni)
Animoto (25 milioni)
EyeEm (22 milioni)
8fit (20 milioni)
Whitepages (18 milioni)
Fotolog (16 milioni)
500px (15 milioni)
Armor Games (11 milioni)
BookMate (8 milioni)
CoffeeMeetsBagel (6 milioni)
Artsy (1 milione)
DataCamp (700mila)
Le password sono hash o crittografate quindi prima di utilizzarle devono essere decriptate.
Questi dati rubati presumibilmente si rivolgono a spammer, e questo è il motivo per cui sono relativamente economici da acquistare. Ovviamente alcune di queste credenziali potrebbero dare accesso a social media personali o siti simili, se si è utilizzata la stessa password.
Così, per esempio, qualcuno che compra il database 500px potrebbe decodificare le password più deboli nella lista, perché alcune sono state sottoposte ad hash usando l'algoritmo MD5 ormai obsoleto, e quindi utilizzando l'indirizzo email e combinazioni di password...cercare di accedere a Gmail, Hotmail o Facebook dello stesso utilizzatore.
Per il furto, pare che gli Hackers abbiano sfruttato vulnerabilità all'interno delle Web app eseguendo codice da remoto.
I record provengono da archivi del 2018.
Alcuni dei siti Web, in particolare MyHeritage, MyFitnessPal e Animoto, erano già noti per essere stati violati in passato in quanto avevano avvertito i loro clienti l'anno scorso di essere stati compromessi, mentre gli altri non si erano accorti di nessuna violazione.
Un portavoce di MyHeritage ha confermato che i dati venduti sono reali e sono stati prelevati dai loro server nell'ottobre 2017.
Anche CoffeeMeetsBagel, 8fit, 500px, DataCamp e EyeEm hanno confermato che i dati degli account degli iscritti sono stati rubati dai loro server e messi in vendita questa settimana.
Durante lo scorso fine settimana, Dream Market era finito offline, apparentemente per un attacco DoS subito, ad inizio di questa settimana è tornato di nuovo online.
Se non avete mai utilizzato queste piattaforme, allora siete fuori pericolo.
In caso contrario, invece, cambiate subito la vostra password, soprattutto nel caso sia la stessa usata su altri account.
martedì 12 febbraio 2019
Il Mistero Del Profilo Facebook Di Orie Chef: Qual è la Verità?
Il profilo su Facebook di una tale delle Filippine chiamata Orie Chef ha ricevuto un'enorme ribalta mediatica negli ultimi mesi ma oserei dire nell'ultimo anno e mezzo.
Non a caso, oggi, questo profilo (chiamato "Marjorie Cua Calleja") conta quasi 20mila followers derivanti da video su Youtube ed articoli su internet.
La storia nasce dal fatto che a fine luglio del 2017 venne pubblicato su 4chan, un messaggio da un utente:
"Mi trovavo su Facebook e mi sono imbattuto in un commento inquietante. Era stato scritto sotto un articolo con pochi commenti, quindi l'ho visto. Il commento non era scritto interamente in inglese, ma in esso una donna spiegava che voleva essere cremata davanti a suo marito o qualcosa del genere, oltre a parlare di una sua amica, Susy. Mi è sembrato strano così sono entrato sul suo profilo di Facebook, per sapere cosa succedesse a questa signora. Ed è qui che la cosa diventa ancora più strana. Ho notato subito che non aveva pubblicato neppure un post o caricato alcuna foto, quindi ho pensato che fosse un account fake aperto da un ragazzo che solo Dio sa cosa volesse ottenere. Poi ho visto la sua lista di amici, Orie Chef non aveva amici. L'unica persona che appariva in quella lista era lei stessa, per lo più con una sua foto in primo piano oppure con quella fotografia modificata, dove erano state aggiunte dei capelli o altre immagini sullo sfondo. Già questo era decisamente inquietante, ma dopo un'analisi più approfondita, ecco venire alla luce anche dei post pubblicati sui profili collegati a quello di Orie, per esempio una lunga lista di hashtag senza senso logico ma anche terrificanti immagini di animali massacrati e delle fotografie dalle quali da quel che si dice, era possibile intuire che fosse stata proprio lei a ucciderli"
Insomma tutti questi profili dai contenuti inquietanti avrebbero potuto far pensare che Orie fosse una pazza o forse che dietro quel profilo si nascondesse qualcun altro, che aveva trovato le foto di una donna a caso su internet utilizzandole per i suoi scopi.
L'utente di 4chan, provò a mandarle un messaggio in privato, chiedendo se tutti gli account fossero davvero suoi. Orie disse di aver creato tutti i profili, per ottenere vite gratis ai giochi che stava utilizzando.
Tuttavia rimaneva il mistero dei vari animali uccisi.
Inoltre più passavano i mesi e più pubblicazioni inquietanti apparivano sui suoi profili.
Dopo qualche mese però accedendo al suo profilo, non ci si trovava più di fronte unicamente a post terrificanti ma anche ad immagini familiari, della sua vita di tutti i giorni. Nella lista degli amici comparivano ancora i suoi profili fake, ma anche quelli di persona reali. Eppure di tanto in tanto la donna pubblicava ancora immagini disturbanti o raccontava storie horror. La più famosa quella di una sua amica, Dafne, che si sarebbe suicidata a seguito di una operazione di chirurgia estetica andata male.
Questa stessa donna la tormentava nei suoi sogni in continuazione, ma pare che la fotografia di Dafne era stata presa da un profilo Facebook di una persona a caso, forse racconto se l'era inventato di sana pianta.
Forse semplice voglia di fama? (visto che il suo profilo, piano piano, stava aumentando di followers)
Rimane il mistero delle immagini truci e di cattivo gusto però va sottolineato che nelle Filippine non è così insolito uccidere gli animali (allo stesso modo in Messico i video violenti di gente che si fa giustizia da sola, con tutta la folla che intorno guarda, si sprecano).
Probabilmente creati i profili fake, per renderli reali ha cominciato a caricare foto di dubbio gusto.
Poi assaporata una certa fama ha iniziato ad inventare storie horror.
Ma perchè come nome Orie Chef?
Il suo vero nome è Marjorie Cua Calleja.
Chef perchè probabilmente si tratta della sua professione.
Malgrado ciò comunque, c'è ancora chi pensa che quello di Orie Chef non sia un caso risolto. Che quello che si dice, sia solo un modo per distogliere l'attenzione dalla verità.
Che questa donna nasconda davvero un terribile segreto?
Il suo profilo ripulito da immagini e profili cloni, lo trovate qui: Marjoriesycuacalleja.39
Non a caso, oggi, questo profilo (chiamato "Marjorie Cua Calleja") conta quasi 20mila followers derivanti da video su Youtube ed articoli su internet.
La storia nasce dal fatto che a fine luglio del 2017 venne pubblicato su 4chan, un messaggio da un utente:
"Mi trovavo su Facebook e mi sono imbattuto in un commento inquietante. Era stato scritto sotto un articolo con pochi commenti, quindi l'ho visto. Il commento non era scritto interamente in inglese, ma in esso una donna spiegava che voleva essere cremata davanti a suo marito o qualcosa del genere, oltre a parlare di una sua amica, Susy. Mi è sembrato strano così sono entrato sul suo profilo di Facebook, per sapere cosa succedesse a questa signora. Ed è qui che la cosa diventa ancora più strana. Ho notato subito che non aveva pubblicato neppure un post o caricato alcuna foto, quindi ho pensato che fosse un account fake aperto da un ragazzo che solo Dio sa cosa volesse ottenere. Poi ho visto la sua lista di amici, Orie Chef non aveva amici. L'unica persona che appariva in quella lista era lei stessa, per lo più con una sua foto in primo piano oppure con quella fotografia modificata, dove erano state aggiunte dei capelli o altre immagini sullo sfondo. Già questo era decisamente inquietante, ma dopo un'analisi più approfondita, ecco venire alla luce anche dei post pubblicati sui profili collegati a quello di Orie, per esempio una lunga lista di hashtag senza senso logico ma anche terrificanti immagini di animali massacrati e delle fotografie dalle quali da quel che si dice, era possibile intuire che fosse stata proprio lei a ucciderli"
Insomma tutti questi profili dai contenuti inquietanti avrebbero potuto far pensare che Orie fosse una pazza o forse che dietro quel profilo si nascondesse qualcun altro, che aveva trovato le foto di una donna a caso su internet utilizzandole per i suoi scopi.
L'utente di 4chan, provò a mandarle un messaggio in privato, chiedendo se tutti gli account fossero davvero suoi. Orie disse di aver creato tutti i profili, per ottenere vite gratis ai giochi che stava utilizzando.
Tuttavia rimaneva il mistero dei vari animali uccisi.
Inoltre più passavano i mesi e più pubblicazioni inquietanti apparivano sui suoi profili.
Dopo qualche mese però accedendo al suo profilo, non ci si trovava più di fronte unicamente a post terrificanti ma anche ad immagini familiari, della sua vita di tutti i giorni. Nella lista degli amici comparivano ancora i suoi profili fake, ma anche quelli di persona reali. Eppure di tanto in tanto la donna pubblicava ancora immagini disturbanti o raccontava storie horror. La più famosa quella di una sua amica, Dafne, che si sarebbe suicidata a seguito di una operazione di chirurgia estetica andata male.
Questa stessa donna la tormentava nei suoi sogni in continuazione, ma pare che la fotografia di Dafne era stata presa da un profilo Facebook di una persona a caso, forse racconto se l'era inventato di sana pianta.
Forse semplice voglia di fama? (visto che il suo profilo, piano piano, stava aumentando di followers)
Rimane il mistero delle immagini truci e di cattivo gusto però va sottolineato che nelle Filippine non è così insolito uccidere gli animali (allo stesso modo in Messico i video violenti di gente che si fa giustizia da sola, con tutta la folla che intorno guarda, si sprecano).
Probabilmente creati i profili fake, per renderli reali ha cominciato a caricare foto di dubbio gusto.
Poi assaporata una certa fama ha iniziato ad inventare storie horror.
Ma perchè come nome Orie Chef?
Il suo vero nome è Marjorie Cua Calleja.
Chef perchè probabilmente si tratta della sua professione.
Malgrado ciò comunque, c'è ancora chi pensa che quello di Orie Chef non sia un caso risolto. Che quello che si dice, sia solo un modo per distogliere l'attenzione dalla verità.
Che questa donna nasconda davvero un terribile segreto?
Il suo profilo ripulito da immagini e profili cloni, lo trovate qui: Marjoriesycuacalleja.39
domenica 10 febbraio 2019
Come Aggiungere Stickers Personalizzati Su WhatsApp
WhatsApp, sulla falsariga di altre app (e servizi social) ha finalmente aggiunto gli stickers (adesivi) affiancati all'emoji e alle gif (per richiamare la nuova funzione basta aprire una chat).
Di base non sono molti ma è possibile aggiungerne altri installando app di terze parti citate di seguito:
Bitmoji
ArteStickers (Play Store)
Stickers For Chat (Play Store)
Whatdir Stickers (Play Store)
Per scaricarne di nuovi invece (senza app di terze parti) vi basterà schiacciare sul "+" (dopo esser appunto entrati nella sezione stickers).
Tramite il software Gimp (Download) invece potrete personalizzare gli stickers e crearne con la vostra foto o immagini che preferite.
Scaricato ed installato, aggiungiamo una foto, la ridimensioniamo (512 pixel e 512 pixel per altezza e larghezza) e centriamo con la funzione scostamento.
Poi file/esporta come e la salviamo con l'estensione .png (seleziona tipo di file, clicchiamo su "immagine png" e poi infine esporta).
A questo punto colleghiamo lo smartphone al PC (con il cavo) e spostiamo l'immagine creata in Archivio condiviso interno/DCIM/Camera.
Poi dallo store scarichiamo "Personal Stickers for WhatsApp", apriamola e schiacciamo sui 3 puntini in alto a destra, dopodichè selezioniamo "Create sticker pack".
Diamo un nome al pacchetto e clicchiamo sulle immagini per inserirle.
Poi in alto a destra "conferma" ed "aggiungi".
Vi basterà poi aprire WhatsApp e recarvi in una chat, sulla funzione stickers troverete anche il vostro pacchetto personalizzato!
Di base non sono molti ma è possibile aggiungerne altri installando app di terze parti citate di seguito:
Bitmoji
ArteStickers (Play Store)
Stickers For Chat (Play Store)
Whatdir Stickers (Play Store)
Per scaricarne di nuovi invece (senza app di terze parti) vi basterà schiacciare sul "+" (dopo esser appunto entrati nella sezione stickers).
Tramite il software Gimp (Download) invece potrete personalizzare gli stickers e crearne con la vostra foto o immagini che preferite.
Scaricato ed installato, aggiungiamo una foto, la ridimensioniamo (512 pixel e 512 pixel per altezza e larghezza) e centriamo con la funzione scostamento.
Poi file/esporta come e la salviamo con l'estensione .png (seleziona tipo di file, clicchiamo su "immagine png" e poi infine esporta).
A questo punto colleghiamo lo smartphone al PC (con il cavo) e spostiamo l'immagine creata in Archivio condiviso interno/DCIM/Camera.
Poi dallo store scarichiamo "Personal Stickers for WhatsApp", apriamola e schiacciamo sui 3 puntini in alto a destra, dopodichè selezioniamo "Create sticker pack".
Diamo un nome al pacchetto e clicchiamo sulle immagini per inserirle.
Poi in alto a destra "conferma" ed "aggiungi".
Vi basterà poi aprire WhatsApp e recarvi in una chat, sulla funzione stickers troverete anche il vostro pacchetto personalizzato!
giovedì 7 febbraio 2019
Morto Il Fondatore Dell'Exchange QuadrigaCX: Si Tratta Di Una Truffa?
Il 9 dicembre moriva in India il 30enne Gerald Cotten, fondatore di QuadrigaCX, un exchange canadese di criptovalute, un istituto virtuale assimilabile ad un portale di cambio.
Tramite QuadrigaCX era possibile acquistare monete virtuali, scambiarle tra loro oppure riconvertirle in moneta reale, vale a dire in dollari statunitensi, euro, etc
Morto il fondatore, nessuno sa come recuperare tutto il denaro depositato presso l'exchange.
Tra Bitcoin, Bitcoin Cash, Bitcoin SV, Bitcoin Gold, Litecoin ed Ethereum, QuadrigaCX deve un totale di 166 milioni di euro (190 milioni di dollari americani) ai propri 115mila utenti.
Più precisamente, sul sito erano presenti:
26.500 Bitcoin
11.000 Bitcoin Cash
11.000 Bitcoin SV
35.000 Bitcoin Gold
200.000 Litecoin
430.000 Ethereum
Circa 46 milioni di euro (53 americani), sono in fiat (caricati direttamente sul sito) e dunque dovrebbero poter essere recuperati senza troppi problemi, mentre 120 milioni di euro (137 americani) erano depositati altrove ed ora come ora il recupero è impossibile.
La moglie del ragazzo Jennifer Robertson ha affermato che parte di quel tesoretto virtuale da 120 milioni è depositato in un «cold wallet», vale a dire in un deposito digitale che resta ancorato al computer di Cotten, offline.
Dovrebbero essere quindi circa 120 milioni di euro quelli effettivamente inaccessibili e forse lo saranno per sempre. Cotten ha protetto il computer con crittografie avanzate. La donna poi afferma che non è mai stata coinvolta negli affari di Cotten e non sa nulla di codici cifrati, private key, seed o password. Anche i tentativi dell'esperto di sicurezza Chris McBryan sono andati a vuoto: è riuscito a recuperare giusto alcuni dati dai telefoni del ragazzo e da altri suoi computer ma il suo PC principale rimane inaccessibile. Il giovane è deceduto all'improvviso mentre era in India dove stava facendo il volontario presso un orfanotrofio, il motivo della morte è una grave complicazione del morbo di Crohn che lo accompagnava da sempre.
TESTAMENTO E PROCESSO
Cotten avrebbe firmato le sue ultime volontà a novembre 2018, indicando soltanto sua moglie, come unico beneficiario del proprio patrimonio. La donna ha pertanto ereditato svariate proprietà in Nuova Scozia, dove la coppia abitava, e nella città di Kelowna.
A queste si aggiungono anche una Lexus, uno yacht Jeanneau 51, un aeroplano e due chihuahua.
Per quanto riguarda il processo andato in scena il 5 febbraio 2019, la corte ritiene che poiché gli asset sono stati archiviati all'interno di un cold wallet, il caso QuadrigaCX non sia assimilabile ad un classico fallimento. Tuttavia i creditori potrebbero richiedere di portare avanti il caso in un'altra giurisdizione.
Il reporter della CBC aggiunge anche che QuadrigaCX ha chiesto una sospensione del processo di 30 giorni che si concluderebbe il 7 marzo per cercare di recuperare i milioni di dollari ormai inaccessibili dopo la morte di Cotten. L'exchange sta ora considerando la possibilità di vendere la compagnia per risarcire i propri clienti.
MORTE INVENTATA? TENTATIVO DI TRUFFA?
Eppure nelle prime ore c'è chi ha pensato ad una morte simulata, inventata a tavolino, per accaparrarsi i 120 milioni e scomparire nel nulla. La vedova ha messo a tacere le male lingue mostrando un certificato di morte ma secondo gli stessi ci sono possibilità che possa esser stato falsificato (a detta di alcuni, l'India, sarebbe la patria dei certificati di morte falsi). QuadrigaCX sta ora affrontando «i problemi di liquidità» e naturalmente anche quelli legali. Alcuni utenti, tra cui esperti di criptovalute come Crypto Medication, sospettano che quei soldi in realtà non esistano: analizzando gli ID delle transazioni, gli indirizzi e gli spostamenti di denaro (che sono pubblici sulla Blockchain), Crypto Medication conclude che «non esiste alcun cold wallet identificabile collegato a QuadrigaCX». QuadrigaCX, insomma, non avrebbe tutti i soldi dei clienti, che sarebbero in buona parte spariti nel nulla; la storia della morte del fondatore, in base a queste accuse, sarebbe quindi solo l'inizio di una grande truffa.
Al di là di quale sia la verità, le speranze di recupero sono poche: le criptovalute non possono essere ereditate né trasferite senza la chiave privata che permette l'accesso al cold wallet.
Nel sito trovate aggiornamenti sulla situazione: Quadriga CX
Tramite QuadrigaCX era possibile acquistare monete virtuali, scambiarle tra loro oppure riconvertirle in moneta reale, vale a dire in dollari statunitensi, euro, etc
Morto il fondatore, nessuno sa come recuperare tutto il denaro depositato presso l'exchange.
Tra Bitcoin, Bitcoin Cash, Bitcoin SV, Bitcoin Gold, Litecoin ed Ethereum, QuadrigaCX deve un totale di 166 milioni di euro (190 milioni di dollari americani) ai propri 115mila utenti.
Più precisamente, sul sito erano presenti:
26.500 Bitcoin
11.000 Bitcoin Cash
11.000 Bitcoin SV
35.000 Bitcoin Gold
200.000 Litecoin
430.000 Ethereum
Circa 46 milioni di euro (53 americani), sono in fiat (caricati direttamente sul sito) e dunque dovrebbero poter essere recuperati senza troppi problemi, mentre 120 milioni di euro (137 americani) erano depositati altrove ed ora come ora il recupero è impossibile.
La moglie del ragazzo Jennifer Robertson ha affermato che parte di quel tesoretto virtuale da 120 milioni è depositato in un «cold wallet», vale a dire in un deposito digitale che resta ancorato al computer di Cotten, offline.
Dovrebbero essere quindi circa 120 milioni di euro quelli effettivamente inaccessibili e forse lo saranno per sempre. Cotten ha protetto il computer con crittografie avanzate. La donna poi afferma che non è mai stata coinvolta negli affari di Cotten e non sa nulla di codici cifrati, private key, seed o password. Anche i tentativi dell'esperto di sicurezza Chris McBryan sono andati a vuoto: è riuscito a recuperare giusto alcuni dati dai telefoni del ragazzo e da altri suoi computer ma il suo PC principale rimane inaccessibile. Il giovane è deceduto all'improvviso mentre era in India dove stava facendo il volontario presso un orfanotrofio, il motivo della morte è una grave complicazione del morbo di Crohn che lo accompagnava da sempre.
TESTAMENTO E PROCESSO
Cotten avrebbe firmato le sue ultime volontà a novembre 2018, indicando soltanto sua moglie, come unico beneficiario del proprio patrimonio. La donna ha pertanto ereditato svariate proprietà in Nuova Scozia, dove la coppia abitava, e nella città di Kelowna.
A queste si aggiungono anche una Lexus, uno yacht Jeanneau 51, un aeroplano e due chihuahua.
Per quanto riguarda il processo andato in scena il 5 febbraio 2019, la corte ritiene che poiché gli asset sono stati archiviati all'interno di un cold wallet, il caso QuadrigaCX non sia assimilabile ad un classico fallimento. Tuttavia i creditori potrebbero richiedere di portare avanti il caso in un'altra giurisdizione.
Il reporter della CBC aggiunge anche che QuadrigaCX ha chiesto una sospensione del processo di 30 giorni che si concluderebbe il 7 marzo per cercare di recuperare i milioni di dollari ormai inaccessibili dopo la morte di Cotten. L'exchange sta ora considerando la possibilità di vendere la compagnia per risarcire i propri clienti.
MORTE INVENTATA? TENTATIVO DI TRUFFA?
Eppure nelle prime ore c'è chi ha pensato ad una morte simulata, inventata a tavolino, per accaparrarsi i 120 milioni e scomparire nel nulla. La vedova ha messo a tacere le male lingue mostrando un certificato di morte ma secondo gli stessi ci sono possibilità che possa esser stato falsificato (a detta di alcuni, l'India, sarebbe la patria dei certificati di morte falsi). QuadrigaCX sta ora affrontando «i problemi di liquidità» e naturalmente anche quelli legali. Alcuni utenti, tra cui esperti di criptovalute come Crypto Medication, sospettano che quei soldi in realtà non esistano: analizzando gli ID delle transazioni, gli indirizzi e gli spostamenti di denaro (che sono pubblici sulla Blockchain), Crypto Medication conclude che «non esiste alcun cold wallet identificabile collegato a QuadrigaCX». QuadrigaCX, insomma, non avrebbe tutti i soldi dei clienti, che sarebbero in buona parte spariti nel nulla; la storia della morte del fondatore, in base a queste accuse, sarebbe quindi solo l'inizio di una grande truffa.
Al di là di quale sia la verità, le speranze di recupero sono poche: le criptovalute non possono essere ereditate né trasferite senza la chiave privata che permette l'accesso al cold wallet.
Nel sito trovate aggiornamenti sulla situazione: Quadriga CX
Ross Ulbricht Spostato Dal Carcere USP Florence All'USP Tucson (2019)
Creato nel 2011 e sequestrato nel 2013, il market Silk Road sulle Darknet fu sicuramente il più noto e tra i primi ad utilizzare gli hidden service di TOR.
Non mi dilungo sulle modalità di arresto (di cui si è già abbondantemente parlato qui sul sito) del fondatore Ross Ulbricht (identificato come Dread Pirate Roberts), arrestato nel 2013 e condannato poi all'ergastolo nel 2015 quanto del fatto che lo stesso nel corso degli anni abbia cambiato più volte prigione.
Ulbricht inizialmente fu portato nel Metropolitan Correctional Center di New York.
Dopo essere stato condannato, fu trasferito all'USP di Florence High, una struttura di alta sicurezza in Colorado, noto anche come l' Alcatraz delle Montagne Rocciose.
Questa prigione, nel corso della sua storia, ha ospitato alcuni dei più violenti delinquenti.
L'USP Florence High ospita circa 600 detenuti di sesso maschile.
Formata da una recinzione perimetrale, la sicurezza è garantita da sette torri di guardia e una strada di pattuglia.
Nel 2000, sette agenti federali che il sindacato chiamava "The Cowboys" furono accusati di cattiva condotta tra gennaio 1995 e luglio 1997, per aver picchiato e soffocato i detenuti ammanettati, mescolato rifiuti nel loro cibo e minacciato altri ufficiali che obiettarono delle loro azioni.
Tre degli ufficiali, Mike Lavallee, Rod Schultz e Robert Verbickas, furono condannati per aver violato i diritti civili del detenuto Pedro Castillo picchiandolo mentre era in contenzione.
Il 20 aprile 2008 si è verificata una sommossa su larga scala tra detenuti, durante la quale diversi detenuti sono stati pugnalati. Gli ufficiali posti sulle torri di guardia hanno sparato e ucciso due detenuti armati.
Nel 2019 la giudice che aveva il controllo del caso, Katherine Bolan Forrest, propose il trasferimento nell'FCI Petersburg, una prigione di media sicurezza che avrebbe dato ad Ulbricht un ambiente più sereno per scontare la pena.
Tuttavia alla fine si optò per l'USP Tucson in Arizona, un'altra struttura di massima sicurezza.
Pare che l'UPS Tucson abbia al proprio interno quasi esclusivamente molestatori a causa del loro programma di gestione di reati sessuali (inerente anche reati sessuali su internet), ma detiene meno assassini e membri di bande violente rispetto alla precedente prigione in cui Ulbricht aveva risieduto.
Questa dovrebbe essere la sua prigione definitiva.
Ma quali sono i reati di cui Ross si macchiò? Silk Road aveva restrizioni su video CP (quindi su minori), su carding e killers.
Le accuse a suo carico furono: pirateria informatica, riciclaggio di denaro, cospirazione e traffico internazionale di stupefacenti.
Non mi dilungo sulle modalità di arresto (di cui si è già abbondantemente parlato qui sul sito) del fondatore Ross Ulbricht (identificato come Dread Pirate Roberts), arrestato nel 2013 e condannato poi all'ergastolo nel 2015 quanto del fatto che lo stesso nel corso degli anni abbia cambiato più volte prigione.
Ulbricht inizialmente fu portato nel Metropolitan Correctional Center di New York.
Dopo essere stato condannato, fu trasferito all'USP di Florence High, una struttura di alta sicurezza in Colorado, noto anche come l' Alcatraz delle Montagne Rocciose.
Questa prigione, nel corso della sua storia, ha ospitato alcuni dei più violenti delinquenti.
L'USP Florence High ospita circa 600 detenuti di sesso maschile.
Formata da una recinzione perimetrale, la sicurezza è garantita da sette torri di guardia e una strada di pattuglia.
Nel 2000, sette agenti federali che il sindacato chiamava "The Cowboys" furono accusati di cattiva condotta tra gennaio 1995 e luglio 1997, per aver picchiato e soffocato i detenuti ammanettati, mescolato rifiuti nel loro cibo e minacciato altri ufficiali che obiettarono delle loro azioni.
Tre degli ufficiali, Mike Lavallee, Rod Schultz e Robert Verbickas, furono condannati per aver violato i diritti civili del detenuto Pedro Castillo picchiandolo mentre era in contenzione.
Il 20 aprile 2008 si è verificata una sommossa su larga scala tra detenuti, durante la quale diversi detenuti sono stati pugnalati. Gli ufficiali posti sulle torri di guardia hanno sparato e ucciso due detenuti armati.
Nel 2019 la giudice che aveva il controllo del caso, Katherine Bolan Forrest, propose il trasferimento nell'FCI Petersburg, una prigione di media sicurezza che avrebbe dato ad Ulbricht un ambiente più sereno per scontare la pena.
Tuttavia alla fine si optò per l'USP Tucson in Arizona, un'altra struttura di massima sicurezza.
Pare che l'UPS Tucson abbia al proprio interno quasi esclusivamente molestatori a causa del loro programma di gestione di reati sessuali (inerente anche reati sessuali su internet), ma detiene meno assassini e membri di bande violente rispetto alla precedente prigione in cui Ulbricht aveva risieduto.
Questa dovrebbe essere la sua prigione definitiva.
Ma quali sono i reati di cui Ross si macchiò? Silk Road aveva restrizioni su video CP (quindi su minori), su carding e killers.
Le accuse a suo carico furono: pirateria informatica, riciclaggio di denaro, cospirazione e traffico internazionale di stupefacenti.
lunedì 4 febbraio 2019
La Truffa Dell'iPhone Gratis "Ciao a tutti qualche giorno fa c'è stata una pubblicità..."
In questi giorni stanno girando su Facebook messaggi del tipo "Ciao a tutti qualche giorno fa c'è stata una pubblicità che ti permetteva di vincere un iPhone X 256GB per soli 1€ rispondendo a 4 domande correttamente!
Ho poi scoperto che non devi far altro che inserire il codice "SGS256FGG" su Google, cliccare sul primo link nei risultati e leggere questo articolo per saperne di più. È molto semplice! Ieri ho ricevuto per posta un pacco che conteneva il nuovo iPhone X!
Meglio sbrigarsi, la promozione è fino a domani!"
In realtà si tratta di una truffa di qualche mese fa inerente i Samsung con codici del tipo "xregalos9x" o "sams9italia".
Si tratta di vere e proprie catene dove viene fornito un codice, da immettere su Google per arrivare sulla pagina dove si concretizzerà la truffa in questione.
Il meccanismo, infatti, è lo stesso di sempre rispetto alle solite catene WhatsApp, quando ci viene inoltrato un messaggio che preannuncia buoni sconto o biglietti gratis che si possono ottenere rispondendo ad alcuni semplici domande presenti su un sito esterno.
Una volta arrivati, ci ritroveremo davanti effettivamente un questionario, ciò comprometterà la sicurezza dei vostri smartphone, PC ed ovviamente account social.
In questo caso non viene postato il link diretto al questionario (per evitare che i controlli automatici di Facebook lo possano individuare ed eliminare o grazie alle segnalazioni di spam), quanto delle semplici istruzioni quali il codice da ricercare su Google.
Questi codici sono messi nel sorgente della pagina e sono univoci (serve ad evitare che gli utenti vengano dirottati su altri siti).
Inutile dire che seguendo tali istruzioni vi ritroverete nel sito dove è posto il questionario, ma il premio finale non sarà tanto un Samsung Galaxy S9 gratis (o a 0 euro, come viene espressamente affermato nel testo incriminato) o un iPhone X ad 1 euro, quanto un malware installato sul vostro PC. Peggio potrebbe andarvi qualora dovessero chiedervi i dati della carta di credito, magari per affrontare una spesa minima affinché si possa ricevere il device.
La cosa davvero particolare è che alcuni di questi siti non vengono nemmeno rilevati dagli antivirus online, atti a verificare se sulla pagina sia presente un malware, un tentativo di phishing o meno.
Per sapere come eliminarlo: Come Eliminare Il Messaggio "Ciao A Tutti! Qualche Giorno Fa..."
domenica 3 febbraio 2019
Il Market Olympus Affondato Da Uno Scam Exit (Deep Web)
Dopo lo scam exit su Evolution (forse il più noto sulle Darknet), pochi mesi fa abbiamo assistito ad un altro scam exit su Olympus Market.
Infatti a seguito dell'interruzione per qualche settimana del market quindi dei servizi (avvenuto verso metà 2018), nel mentre i due admin stavano probabilmente preparando la "fuga".
Tornando per un attimo al 2017 quindi alla nascita di questo market, dopo che le forze dell'ordine avevano sequestrato e chiuso i mercati AlphaBay e Hansa, emersero altri siti per colmare il vuoto che si era creato tra venditori e clienti.
Olympus era uno di questi mercati, la sua prima apparizione risale ad inizio 2018.
BENI VENDUTI GRATUITAMENTE
Questo market ottenne una crescita significativa in breve tempo poiché i venditori inizialmente offrirono roba gratuita come mezzo per promuovere i loro prodotti e sconti per i clienti affezionati.
Oltre al Bitcoin, era stato implementato anche Monero come sistema di pagamento.
Questo sito stava crescendo sempre più, nonostante c'erano regole rigide per quanto riguardava i contenuti (ma questa era una prerogativa anche del primo Silk Road).
Ad esempio il commercio di oggetti quali materiali bellici e veleno era proibito.
LA DIATRIBA CONTRO DREAD
Questo stesso market fu protagonista di una nota diatriba anche con un tizio chiamato "HugBunter".
Diversi mesi fa infatti, il mercato Olympus venne scosso da un grosso scandalo inerente il sito Dread, un forum-market sulle Darknet lanciato dall'utente "HugBunter".
Pare che Dread venne hackerato dagli admin di Olympus, i quali affermarono anche che HugBunter era un truffatore.
Questo evento gettò la comunità Darknet nel panico e nonostante gli sforzi dello staff di Olympus di risolvere la controversia, molti utenti abbandonarono il market.
SCAM EXIT E LA FUGA
Per via della mancanza di fiducia, lo scam exit era forse l'unica conclusione possibile soprattutto poi quando gli utenti rimasti si accorsero che lo staff Olympus stava dando risposte controverse e non supportate poi da azioni (di miglioria del market, di bug e quant'altro).
Molti percepirono questo come una strategia per guadagnare tempo ed aumentare il malloppo (Bitcoin caricati dagli utenti sui wallet).
Molte promesse infatti non furono mai mantenute.
Poi molti utenti hanno iniziato a riscontrare problemi nel prelievo del denaro.
Nel giro di pochi giorni, i soldi degli utenti si erano volatilizzati nel nulla.
Dopo settimane di speculazioni, un ex membro del team Olympus, confermò in un messaggio su Reddit che gli admin erano appunto scappati con i soldi di venditori e clienti.
Ori e Apollo, gli admin, si erano infatti resi irreperibili tagliando i loro contatti con tutti gli utenti del Market.
Infatti a seguito dell'interruzione per qualche settimana del market quindi dei servizi (avvenuto verso metà 2018), nel mentre i due admin stavano probabilmente preparando la "fuga".
Tornando per un attimo al 2017 quindi alla nascita di questo market, dopo che le forze dell'ordine avevano sequestrato e chiuso i mercati AlphaBay e Hansa, emersero altri siti per colmare il vuoto che si era creato tra venditori e clienti.
Olympus era uno di questi mercati, la sua prima apparizione risale ad inizio 2018.
BENI VENDUTI GRATUITAMENTE
Questo market ottenne una crescita significativa in breve tempo poiché i venditori inizialmente offrirono roba gratuita come mezzo per promuovere i loro prodotti e sconti per i clienti affezionati.
Oltre al Bitcoin, era stato implementato anche Monero come sistema di pagamento.
Questo sito stava crescendo sempre più, nonostante c'erano regole rigide per quanto riguardava i contenuti (ma questa era una prerogativa anche del primo Silk Road).
Ad esempio il commercio di oggetti quali materiali bellici e veleno era proibito.
LA DIATRIBA CONTRO DREAD
Questo stesso market fu protagonista di una nota diatriba anche con un tizio chiamato "HugBunter".
Diversi mesi fa infatti, il mercato Olympus venne scosso da un grosso scandalo inerente il sito Dread, un forum-market sulle Darknet lanciato dall'utente "HugBunter".
Pare che Dread venne hackerato dagli admin di Olympus, i quali affermarono anche che HugBunter era un truffatore.
Questo evento gettò la comunità Darknet nel panico e nonostante gli sforzi dello staff di Olympus di risolvere la controversia, molti utenti abbandonarono il market.
SCAM EXIT E LA FUGA
Per via della mancanza di fiducia, lo scam exit era forse l'unica conclusione possibile soprattutto poi quando gli utenti rimasti si accorsero che lo staff Olympus stava dando risposte controverse e non supportate poi da azioni (di miglioria del market, di bug e quant'altro).
Molti percepirono questo come una strategia per guadagnare tempo ed aumentare il malloppo (Bitcoin caricati dagli utenti sui wallet).
Molte promesse infatti non furono mai mantenute.
Poi molti utenti hanno iniziato a riscontrare problemi nel prelievo del denaro.
Nel giro di pochi giorni, i soldi degli utenti si erano volatilizzati nel nulla.
Dopo settimane di speculazioni, un ex membro del team Olympus, confermò in un messaggio su Reddit che gli admin erano appunto scappati con i soldi di venditori e clienti.
Ori e Apollo, gli admin, si erano infatti resi irreperibili tagliando i loro contatti con tutti gli utenti del Market.
sabato 2 febbraio 2019
Come Nasce Il Nome Di Google? Googol ed Altri Numeri Matematici Abnormi
L'etimologia dietro il nome di Google è molto antica e risale casualmente ad una conversazione avvenuta nel 1920 tra il matematico americano Edward Kasner e suo nipote Milton Sirotta.
Secondo il matematico sarebbe stato molto utile trovare il nome per indicare un numero molto grande 10 elevato alla 100 (ovvero 1 seguito da 100 zeri), per differenziarlo da "infinito".
Il piccolo Milton, che aveva 9 anni, suggerì la parola "googol" e tale termine apparve per la prima volta nel libro del matematico statunitense, "Matematica e immaginazione", per illustrare appunto la differenza tra un numero enorme e l'infinito.
Un googol indica questo numero:
10 000 000 000 000 000 000 000 000 000 000 000 000 000 000 000 000 000 000 000 000 000 000 000 000 000 000 000 000 000 000 000 000 000
Esso è grossomodo pari a 70 fattoriale (70!).
Contando tutte le particelle dell'universo non si raggiungerebbe un miliardesimo di miliardesimo di googol.
Circa 80 anni dopo, i fondatori di Google (Larry Page e Sergey Brin), consapevoli del fatto che un motore di ricerca avrebbe certamente lavorato con grandi numeri, ebbero l'idea di registrare il loro dominio come "googol"; ma digitarono per errore "Google", tuttavia dopo aver scoperto che il dominio era ancora libero, decisero di non modificare il nome.
Dal 2009, Google ha assegnato ai suoi server il dominio "1e100.net", la notazione scientifica per 1 googol, al fine di fornire un singolo dominio per identificare i propri server.
Carl Sagan ha sottolineato che il numero totale di particelle elementari nell'universo è di circa 10 elevato alla 80 (numero di Eddington ) e che se l'intero universo fosse pieno di neutroni in modo tale che non ci fosse il vuoto, sarebbe rappresentato da un numero pari a 10 alla 128.
Il tempo di decadimento per un buco nero supermassiccio (circa 10 alla 11 masse solari) dovuto alla radiazione di Hawking è dell'ordine di 10 alla 100 anni.
In altre parole, la morte termica di un universo in espansione è rappresentata da un googol.
Secondo il matematico sarebbe stato molto utile trovare il nome per indicare un numero molto grande 10 elevato alla 100 (ovvero 1 seguito da 100 zeri), per differenziarlo da "infinito".
Il piccolo Milton, che aveva 9 anni, suggerì la parola "googol" e tale termine apparve per la prima volta nel libro del matematico statunitense, "Matematica e immaginazione", per illustrare appunto la differenza tra un numero enorme e l'infinito.
Un googol indica questo numero:
10 000 000 000 000 000 000 000 000 000 000 000 000 000 000 000 000 000 000 000 000 000 000 000 000 000 000 000 000 000 000 000 000 000
Esso è grossomodo pari a 70 fattoriale (70!).
Contando tutte le particelle dell'universo non si raggiungerebbe un miliardesimo di miliardesimo di googol.
Circa 80 anni dopo, i fondatori di Google (Larry Page e Sergey Brin), consapevoli del fatto che un motore di ricerca avrebbe certamente lavorato con grandi numeri, ebbero l'idea di registrare il loro dominio come "googol"; ma digitarono per errore "Google", tuttavia dopo aver scoperto che il dominio era ancora libero, decisero di non modificare il nome.
Dal 2009, Google ha assegnato ai suoi server il dominio "1e100.net", la notazione scientifica per 1 googol, al fine di fornire un singolo dominio per identificare i propri server.
Carl Sagan ha sottolineato che il numero totale di particelle elementari nell'universo è di circa 10 elevato alla 80 (numero di Eddington ) e che se l'intero universo fosse pieno di neutroni in modo tale che non ci fosse il vuoto, sarebbe rappresentato da un numero pari a 10 alla 128.
Il tempo di decadimento per un buco nero supermassiccio (circa 10 alla 11 masse solari) dovuto alla radiazione di Hawking è dell'ordine di 10 alla 100 anni.
In altre parole, la morte termica di un universo in espansione è rappresentata da un googol.
NUMERI PIU' GRANDI DEL GOOGOL
Contrariamente a quello che si potrebbe credere esistono numeri decisamente più grandi quali il
"googolplex".
Un googolplex è un numero intero esprimibile come 10 elevato ad un googol.
Cioè 1 seguito da 10 miliardi di miliardi di miliardi di miliardi di miliardi di miliardi di miliardi di miliardi di miliardi di miliardi di miliardi di zeri.
Il googolplex fu introdotto da Edward Kasner, che aveva precedentemente definito il googol, ed è uno dei numeri più grandi a cui si sia dato un nome.
Come abbiamo visto è relativamente semplice scrivere in notazione decimale un googol, non sarebbe materialmente possibile fare lo stesso col googolplex, neanche se ogni singola particella dell'universo fosse convertita in carta e inchiostro o memoria magnetica.
Ammettendo che fosse comunque possibile salvare l'elenco delle cifre che compongono un googolplex, anche il più potente computer oggi disponibile necessiterebbe di circa 3 per 10 alla 85 anni per farlo.
Un tipico libro può contenere circa 10 alla 6 zeri (circa 400 pagine con 50 righe per pagina e 50 zeri per linea). Pertanto, per rappresentare questo numero occorrerebbero 10 alla 94 di questi libri.
Se ogni libro avesse una massa di 100 grammi, tutti insieme avrebbero una massa totale di 10 alla 93 kg. In confronto, la Terra ha una massa di 5,9 per 10 alla 24 kg, invece la massa della Via Lattea è stimato essere di 2,5 per 10 alla 42 kg.
Nel mondo reale questi numeri non hanno alcuna utilità (non essendo confrontabili con alcunchè), tuttavia per analizzare stati quantici e buchi neri, il fisico Page scrive che "per determinare sperimentalmente se le informazioni siano perse o meno dai buchi neri hanno una loro utilità".
In un articolo separato, Page mostra che il numero di stati di un buco nero con una massa approssimativamente equivalente alla Galassia di Andromeda è nell'intervallo di un googolplex.
Scrivere il numero richiederebbe molto tempo: se una persona può scrivere due cifre al secondo, scrivere un googolplex richiederebbe circa 1,51 per 10 alla 92 anni, ovvero circa 1,1 per 10 alla 82 volte l' età dell'universo.
Altro numero degno di menzione è il "megistone", il suo ordine di grandezza potrebbe essere comparabile al numero di elettroni che esistono dall'inizio del tempo dell'universo (nell'arco quindi di oltre 14 miliardi di anni).
Per finire, il numero più grande conosciuto, è il "Graham", così chiamato in onore di Ronald Graham, che lo usò in una dimostrazione matematica.
Ancor più che nei casi precedenti, qui una sua rappresentazione matematica (e descrittiva) completa è scientificamente impossibile in quanto, anche ipotizzando di essere in grado di immagazzinare un bit in un singolo volume di Planck, lo spazio necessario per immagazzinare tale numero sarebbe enormemente superiore a quello dell'intero universo conosciuto.
Cioè un ipotetico computer grande quanto l'intero universo e sofisticato ai massimi livelli potrebbe calcolare solo una minuscola parte di questo numero. Tuttavia, nel caso del numero di Graham, lo stesso limite si ripresenta qualora volessimo esprimere la quantità di cifre presenti nel numero (ad esempio il numero 10000 contiene 5 cifre. Con il numero di Graham non è possibile indicare nemmeno le cifre di cui è composto perchè non basterebbe l'intero universo per far ciò) o finanche la quantità di cifre della quantità di cifre presenti.
Tuttavia le ultime 500 cifre del numero sono calcolabili mediante un algoritmo, in particolare le ultime 12 sono: 262464195387.
I NUMERI D'INTERNET
Diciamo che Larry Page e company quando pensarono al loro motore di ricerca (forse) immaginavano di aver a che fare con numeri enormi ma rimaniamo ben lontani da simili cifre.
Per rendere l'idea, sul web, oggi, esistono quasi 2 miliardi di siti internet ed oltre 5 miliardi di pagine (dal conteggio sono escluse le pagine hostate sulle Darknet e sul Deep Web).
Gli utenti internet, oggi sono oltre 4 miliardi.
Nel 2014, dei ricercatori pubblicarono uno studio sulla rivista Frontiers Supercomputing Frontiers And Innovations in cui stimavano la capacità di archiviazione di Internet in 1024 byte, o 1 milione di exabyte (1 miliardo di miliardo di byte).
Secondo il Visual Networking Index di Cisco, Internet è nell'"era zettabyte", dove lo zettabyte equivale a 1 sestilione di byte, o 1.000 exabyte.
Nel 2019, il traffico globale dovrebbe raggiungere i 2 zettabyte all'anno.
Per farvi capire meglio, uno zettabyte è l'equivalente di 36.000 anni di video ad alta definizione, che, a sua volta, è l'equivalente dello streaming dell'intero catalogo di Netflix per 3.177 volte, come ha spiegato Thomas Barnett Jr. di Cisco in un post sul blog ufficiale nel 2011.
Ok parliamo di 2011...oggi il catalogo è molto più ampio ma per dare l'idea di che numeri abnormi parliamo.
Nel 2015 alcuni ricercatori hanno cercato di quantificare le dimensioni di Internet in termini fisici. Hanno così stimato che una pagina Web conterrebbe indicativamente un testo equivalente a 30 pagine di formato A4 quindi il testo su Internet richiederebbe 1.36 x 10 alla 11 pagine da stampare su carta.
Tanto ma praticamente nulla se rapportato ai numeri visti in precedenza.
Tanto ma praticamente nulla se rapportato ai numeri visti in precedenza.
Per leggere stats in tempo reale su internet (mail inviate al giorno, utenti attivi su Facebook, Instagram, Skype, attacchi Hacker, foto caricate, video visti online, traffico internet, etc): InternetLiveStats.
Molto interessante anche questo sito: Worldwidewebsize.
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