mercoledì 7 novembre 2018

Dal Web 1.0 Al Web 2.0: è Tempo Di Web 3.0? Il Cryptointernet

Se il Web 1.0 era fatto principalmente da siti web statici con cui si poteva interagire solo attraverso i link comunque si trattava di una rete distribuita, pubblica e aperta.
Il Web 2.0 è diventato invece il regno di Google, Youtube, Facebook, Amazon che hanno, come dire, "chiuso" la rete grazie al loro monopolio (social network, siti di ecommerce ed in generale siti dinamici).
Alla base di tutto ovviamente i dati di profilazione degli utenti che hanno permesso ai giganti del Web 2.0 di ingrandirsi sempre di più, a discapito di tutti.
In parole povere Google "divorò" senza problemi Yahoo (sicuramente il motore di ricerca più grande e trafficato del Web 1.0), lo stesso fece Amazon con altri siti di eCommerce.
Oggi invece che il "nuovo" mangi il boss è assolutamente impossibile, a meno che non si ritorni ad una rete più decentralizzata, aperta e intercomunicabile.
Ma cosa ha permesso il passaggio dal Web 1.0 al Web 2.0? Sicuramente le ADSL e le fibre ottiche che hanno aumentato notevolmente la tecnologia vigente (leggi "velocità di connessione").


WEB 3.0
Tim Berners-Lee con il progetto Solid sta mirando a rovesciare l’architettura di internet, rendendo i dati qualcosa che sia sempre più in mano agli utenti e limitando quindi il potere delle piattaforme (come giusto che sia).
L’iniziativa dell’inventore del World Wide Web però non sfrutta la blockchain.
La tecnologia usata dalle criptovalute permette infatti di distribuire dati, memoria informatica, potenza di calcolo e quant’altro tra tutti i computer che partecipano alla catena.
I sistemi decentralizzati sono importanti perché in grado di resistere ai tentativi di censura da parte dei governi (è impossibile mandare down la blockchain e le piattaforme che ospita, perché vive su milioni di computer diversi) e perchè garantiscono una maggiore sicurezza agli attacchi fornendo anche una maggiore privacy agli utilizzatori.
Ad esempio un cloud centralizzato può essere mandato offline facilmente perchè ha un singolo punto che una volta "colpito" rende inutilizzabili tutte le altre piattaforme collegate.
In un cloud gestito con la blockchain, invece, la memoria sarebbe distribuita tra tutti i computer (più o meno grandi) che partecipano a questo sistema distribuito, garantendo una maggiore sicurezza e rendendo impossibile colpire un singolo punto per mandare al tappeto l’intero network.
È da queste premesse che prende avvio il progetto che viene comunemente chiamato Web 3.0 o anche cryptonetwork.
Sotto certi versi, passare dal Web 2.0 al Web 3.0 con tanto di blockchain equivarrebbe (per fare un paragone) al passaggio da HTTP ad HTTPS (cioè verrebbe aggiunto un livello di sicurezza in più).

Chris Dixon scrive su Medium: "Si tratta di network costruiti su internet che usano meccanismi di consenso come la blockchain (che permettono a tutti gli attori della catena di partecipare al processo decisionale) e consentono di usare le criptovalute per incentivare la collaborazione di tutti i membri del network. Alcuni cryptonetwork, come Ethereum, sono piattaforme di programmazione che possono essere usate più o meno per ogni scopo. Altri hanno obiettivi particolari: Bitcoin è inteso principalmente come una criptovaluta, Golem serve per distribuire il potere di calcolo, Filecoin per la conservazione decentralizzata dei file, etc"

Una piattaforma decentralizzate del Web 2.0 è Wikipedia.
Nei primi anni del 2000, l'enciclopedia online principale (centralizzata) era Encarta. Nonostante la prima versione fosse molto meno completa di Encarta, Wikipedia riuscì a migliorare a grandissima velocità, grazie alla sua comunità di collaboratori volontari. Nel 2005, Wikipedia era il sito più linkato di tutta internet.
Encarta invece è fallito nel 2009.
Approdando sul Web 3.0, inoltre, Wikipedia potrebbe conservare tutte le sue voci su un network distribuito (rendendo impossibile una sua chiusura), decidere democraticamente le modifiche alla policy attraverso la partecipazione di tutti i collaboratori e pagarli sfruttando un’apposita criptovaluta.
Il primo browser basato su un sistema di criptovalute è già nato: Brave, lo strumento di navigazione ideato da Brendan Eich, creatore di JavaScript e cofondatore di Mozilla, punta a sostituire l’attuale modello di business del Web (la pubblicità) con uno basato sulla sua criptovaluta (Bat, Basic Attention Token).
E' possibile mantenere la pubblicità così com’è adesso, rimpiazzare la pubblicità tradizionale con quella selezionata da Brave (che ricompenserà sia i siti che la ospitano, sia gli utenti che decidono di vederla) oppure usare i Bat (magari guadagnati grazie alla seconda opzione) per pagare una quota mensile ai propri siti preferiti (per visualizzarli privi di banner).
L’equivalente di Dropbox, ma che sfrutta la blockchain, potrebbe ricompensare (sfruttando sempre le criptovalute) tutti gli utenti che decidono di assegnare una parte della memoria dei loro computer o smartphone per conservare in sicurezza (grazie alla blockchain) i file caricati nel cloud. Già oggi stanno sperimentando un sistema simile società come Storj o Filecoin.
Il principale problema di tutto ciò, sono i numerosi limiti della blockchain (soprattutto in termini di scalabilità, visto che al momento è in grado di reggere poche operazioni al secondo) e lo scetticismo che circonda il mondo delle criptovalute, per via della loro volatilità.

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