L’FBI ha chiuso i siti Megaupload e Megavideo, due delle più popolari e usate piattaforme di file sharing al mondo. Secondo le autorità, la società fondatrice dei siti, Megaupload Ltd, con sede a Hong Kong, ha guadagnato oltre 175 milioni di dollari da attività criminali e provocato perdite per oltre mezzo miliardo di dollari ai detentori dei diritti d’autore.
Le autorità hanno anche disposto l’arresto di quattro impiegati dell’azienda a Auckland, in Nuova Zelanda, con le accuse di violazione del copyright e riciclaggio di denaro.
Tra loro c’è Kim Schmitz, cittadino tedesco di 37 anni, fondatore e fino allo scorso anno CEO di Megaupload.
Schmitz è un ex hacker e in passato è stato arrestato per per furto di dati bancari, insider trading e appropriazione indebita e condannato per frode informatica e ricettazione.
Ai quattro è stata negata la libertà su cauzione durante una breve udienza a Auckland.
Altri arrestati e incriminati sono residenti in Germania, Slovacchia, Estonia e Olanda.
Megavideo era usatissimo online soprattutto per guardare in streaming film e serie TV caricate illegalmente: il sito permetteva di vederne gratis i primi 72 minuti, e chiedeva poi una registrazione a pagamento per proseguire (il blocco era facilmente aggirabile).
Megaupload permetteva agli utenti di caricare e scambiarsi file anche di grosse dimensioni, e secondo l’accusa l’intero sistema era stato intenzionalmente creato allo scopo di invitare gli utenti a condividere file molto popolari, spesso coperti da copyright come film e serie TV.
Le autorità dicono di essere in possesso di email aziendali e documenti a prova di queste intenzioni. Secondo le accuse, Megaupload ha guadagnato oltre 110 milioni di dollari in cinque anni grazie ai pagamenti degli utenti effettuati con PayPal.
Le autorità stanno sequestrando i fondi a disposizione della società, nonché alcuni beni di proprietà dei suoi fondatori e dirigenti, tra cui una Maserati del 2010, una Rolls Royce del 2008 e un numero imprecisato di Mercedes.
Ira P. Rothken, avvocato di Megaupload, ha detto che le accuse sono inconsistenti e la società si difenderà”.
Un messaggio apparso su Megaupload prima che il sito venisse chiuso affermava che “la grande maggioranza del nostro traffico ha a che fare con contenuti legali. Siamo qui per restare”.
Alla chiusura di Megaupload è seguita un’ondata di attacchi da parte del gruppo hacker Anonymous, che ha reso irraggiungibili per alcune ore molti siti, tra cui quello della stessa FBI e quello del Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti.
Le autorità stanno indagando sull’accaduto.
Tra i siti presi di mira ci sono anche quelli della Universal Music e di molte major americane.
Un funzionario ha detto che gli arresti sono stati condotti seguendo le raccomandazioni delle autorità neozelandesi. Mercoledì la versione in inglese di Wikipedia e molti altri siti Internet avevano oscurato le proprie homepage per contestare i progetti di legge, che limiterebbero la libertà degli utenti su Internet e la libertà di parola.
Le autorità hanno anche disposto l’arresto di quattro impiegati dell’azienda a Auckland, in Nuova Zelanda, con le accuse di violazione del copyright e riciclaggio di denaro.
Tra loro c’è Kim Schmitz, cittadino tedesco di 37 anni, fondatore e fino allo scorso anno CEO di Megaupload.
Schmitz è un ex hacker e in passato è stato arrestato per per furto di dati bancari, insider trading e appropriazione indebita e condannato per frode informatica e ricettazione.
Ai quattro è stata negata la libertà su cauzione durante una breve udienza a Auckland.
Altri arrestati e incriminati sono residenti in Germania, Slovacchia, Estonia e Olanda.
Megavideo era usatissimo online soprattutto per guardare in streaming film e serie TV caricate illegalmente: il sito permetteva di vederne gratis i primi 72 minuti, e chiedeva poi una registrazione a pagamento per proseguire (il blocco era facilmente aggirabile).
Megaupload permetteva agli utenti di caricare e scambiarsi file anche di grosse dimensioni, e secondo l’accusa l’intero sistema era stato intenzionalmente creato allo scopo di invitare gli utenti a condividere file molto popolari, spesso coperti da copyright come film e serie TV.
Le autorità dicono di essere in possesso di email aziendali e documenti a prova di queste intenzioni. Secondo le accuse, Megaupload ha guadagnato oltre 110 milioni di dollari in cinque anni grazie ai pagamenti degli utenti effettuati con PayPal.
Le autorità stanno sequestrando i fondi a disposizione della società, nonché alcuni beni di proprietà dei suoi fondatori e dirigenti, tra cui una Maserati del 2010, una Rolls Royce del 2008 e un numero imprecisato di Mercedes.
Ira P. Rothken, avvocato di Megaupload, ha detto che le accuse sono inconsistenti e la società si difenderà”.
Un messaggio apparso su Megaupload prima che il sito venisse chiuso affermava che “la grande maggioranza del nostro traffico ha a che fare con contenuti legali. Siamo qui per restare”.
Alla chiusura di Megaupload è seguita un’ondata di attacchi da parte del gruppo hacker Anonymous, che ha reso irraggiungibili per alcune ore molti siti, tra cui quello della stessa FBI e quello del Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti.
Le autorità stanno indagando sull’accaduto.
Tra i siti presi di mira ci sono anche quelli della Universal Music e di molte major americane.
Un funzionario ha detto che gli arresti sono stati condotti seguendo le raccomandazioni delle autorità neozelandesi. Mercoledì la versione in inglese di Wikipedia e molti altri siti Internet avevano oscurato le proprie homepage per contestare i progetti di legge, che limiterebbero la libertà degli utenti su Internet e la libertà di parola.
I dati conservati dagli utenti su Megaupload potrebbero presto essere cancellati e perduti definitivamente.
Non conta l’origine né la legittimità degli stessi: sulla base di quanto accaduto dopo il sequestro dei domini e dei beni dell’impero Megaupload, ivi compresi gli arresti di sette responsabili dell’iniziativa, la perdita dei dati conservati sui server sembra ormai essere qualcosa di ineludibile.
Non conta l’origine né la legittimità degli stessi: sulla base di quanto accaduto dopo il sequestro dei domini e dei beni dell’impero Megaupload, ivi compresi gli arresti di sette responsabili dell’iniziativa, la perdita dei dati conservati sui server sembra ormai essere qualcosa di ineludibile.
Nelle ultime ore i file hosting FileSonic e FileServe si sono autocensurati cancellando tutti i files protetti da diritto d'autore.
Chi sembra esser riuscito a sfuggire, per il momento alla censura è Rapidshare.
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