Letteralmente del fenomeno denominato “Sextorsion”, che coinvolge una vera e propria organizzazione criminale, che sfrutta la rete per delinquere a livello mondiale.
Più di 60 persone sono state arrestate nell’inchiesta di “Sextorsion”, un sistema che sfrutta le immagini(e video) porno in rete per ricattare i soggetti ritratti nelle foto e nei video.
Il direttore dell’unità operativa dell’Interpol per la lotta alla cybercriminalità, Sanjay Virmani, ha detto:
“E’ stata smantellata una rete enorme”.
Le vittime dei ricattatori sino ad ora scoperte, sono soprattutto uomini di una certa età, originari di Hong Kong, Indonesia, Singapore, Filippine e Stati Uniti.
Venivano attirati sui sociali network da ragazze-esca e poi convinti a partecipare al “cybersex” attraverso le webcam.
Ai malcapitati venivano poi chiesti migliaia di dollari in cambio di foto o video registrati, che i ricattatori minacciavano di mostrare ad amici o familiari.
Solo ad Hong Kong l’Interpol ha registrato 530 vittime della rete.
Pare anche che un ragazzo di 17 anni si è suicidato dopo essere stato oggetto di un simile ricatto.
COME FUNZIONA LA TRUFFA
Quello delle estorsioni via internet è un fenomeno in crescita in Emilia Romagna, ma non solo.
Si è passati dai 4 casi denunciati nel 2011, alle oltre 300 del 2014.
Ad esempio, solo in Provincia di Catania dal 1 gennaio 2014 ad oggi ci sono stati 51 casi, e a Torino il comparto regionale della Postale riceve in media una chiamata al giorno, anche se poi non tutte portano all’apertura di un’inchiesta della magistratura.
Sfogliando le denunce, si ha un’idea di chi siano le vittime: professionisti, notai, avvocati, uomini soli e uomini sposati, a volte qualche donna, spesso ragazzini minorenni.
Per ingenuità si convincono di aver trovato l’anima gemella dopo poche chat e si lasciano andare in atteggiamenti sessuali compromettenti, prima del promesso incontro dal vivo che mai avverrà.
Il 95% delle vittime è di sesso maschile e intorno ai 20 anni, ma le età sono le più disparate.
Il primo caso in Italia avvenne a Rimini.
L’uomo, un riminese 35enne, era stato adescato su Facebook da una ragazza che si faceva chiamare “Belen”.
«Sono romagnola, ho 20 anni, mi sento intrappolata nella mia vita, parlare con te mi fa sentire libera, mi sto innamorando di te, dai spogliamoci davanti alla webcam... ».
Dopo un primo approccio, arriva la richiesta di amicizia, necessaria alla truffatrice per acquisire la lista di amici e/o familiari della vittima, la conversazione si sposta su Skype, che è più difficile da identificare per le forze dell’ordine e lì, il 35enne si era fatto convincere a mostrarsi senza vestiti davanti alla webcam.
Immagini che sono state registrate dalla truffatrice(o dal truffatore sotto mentite spoglie) e utilizzate per ricattarlo e di conseguenza estorcergli del denaro.
La ragazza infatti, insieme al complice, aveva minacciato di diffondere il video agli amici dell’uomo, su Facebook.
La Polizia Postale è riuscita a risalire ai truffatori, un uomo e una donna rispettivamente di 37 e 32 anni residenti a Reggio Calabria.
A questi, la vittima aveva corrisposto due pagamenti con carta Postepay, uno di 220 e un altro di 160 euro, versamenti che i criminali hanno girato in conti per il gioco d’azzardo online.
Alla terza richiesta di pagamento, l’uomo, nell’agosto 2014 ha deciso di denunciare l’accaduto.
La “volante” sul web, dopo una serie di indagini telematiche, ha prima identificato i conti su cui era arrivato il denaro e poi, attraverso gli indirizzi IP, è riuscita a risalire ai colpevoli.
Durante la perquisizione, che ha avuto luogo il 2 febbraio scorso in Calabria, è stato rintracciato il materiale incriminato, comprese le carte Postepay.
«Pagare non significa liberarsi dei ricattatori, perché poi continuano a chiedere soldi. Vanno subito denunciati e, su questi siti, bisogna stare attenti a rivelare la propria identità ».
Spiega Carlo Solimene, responsabile della Direzione investigativa della Postale
In provincia di Alessandria un ragazzo di 17 anni, un paio di anni fa, era finito nelle mani di una fantomatica ragazza conosciuta su Meetic.
Lei lo aveva convinto a masturbarsi davanti alla webcam, salvo poi minacciarlo di inviare il video ai suoi contatti di Facebook.
È arrivato a pagare 16.000 euro in più tranche, prima che la sua famiglia si accorgesse di qualcosa.
Come si può capire il sistema è tanto banale quanto efficace.
Ci sono bande criminali dell’Est Europa e dell’Africa (Marocco e Costa D’Avorio) che arruolano belle ragazze e ragazzi nei loro paesi, li fanno navigare con dei profili fasulli sui siti per incontri e, da un po’ di tempo, anche su Facebook e LinkedIn.
Quando agganciano qualcuno in chat, parte la solita manfrina: o si fingono perdutamente innamorati dopo poche chiacchierate, oppure sciorinano storie strappalacrime per ottenere la fiducia dell’interlocutore.
Lo convincono poi a farsi vedere nudo o durante atti sessuali, come “pegno d’amore”.
A quel punto hanno il malcapitato in pugno e vogliono uno o più versamenti da fare attraverso il circuito Western Union, che rende le transazioni difficili da tracciare.
Il resto lo fa il senso di vergogna di chi c’è cascato.
COME EVITARE LA TRUFFA
Per prima cosa non bisogna mai fidarsi di chi ci chiede video o di spogliarsi in cam.
Soprattutto se parlate con persone "ignote" e che non si mostrano.
E se si mostrano accertatevi che non sia un video registrato (chiedetegli magari di indicare un numero con la mano).
Anche se il video ve lo chiede un vostro amico (con il suo contatto) diffidate se non siete certi al 100% (il suo profilo potrebbe esser stato clonato o hackerato).
Non accettate richieste di amicizia strane (potrebbero rubare foto o individuare i contatti a cui tenete di più per minacciarvi in seguito).
Infine, se la frittata è fatta, non pagate la somma richiesta ed avvisate subito la polizia postale.
Pagare non è mai la soluzione perchè l'estorsioni potrebbero continuare in futuro (nessuno può garantirvi che il video compromettente verrà effettivamente cancellato).
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