Generalmente i servizi di musica in streaming versano una % delle loro entrate in diritti alle case discografiche.
Per Spotify ad esempio, si parla del 70%.
Spotify versa questa % dei suoi guadagni in diritti pagati alle case discografiche, che equivale a una media, per ogni artista, che va dai 0.0060 dollari ai 0.0084 dollari (versione premium) per ogni singolo ascolto.
Il calcolo dei ricavi è materia in ogni caso complicata e dipende da moltissimi fattori: dal numero complessivo degli ascoltatori del servizio di streaming, dagli ascoltatori di ciascun gruppo, dai numeri del singolo brano.
Raggiunte determinate soglie il ricavo aumenta.
I ricavi variano quindi in base alla nazione.
Come detto il modello di business di Spotify prevede che quando si raggiunge quota 100 (tramite abbonamenti e pubblicità), il 70% viene devoluto agli artisti e agli aventi diritto, mentre il 30 % rimane nelle casse di Spotify.
Dividendo il 70 % devoluto all'artista per il numero totale degli ascolti si calcola il valore di ogni singolo ascolto.
Il compenso per l'artista si calcola poi moltiplicando il valore di ogni singolo ascolto per gli ascolti totali delle canzoni: più le canzoni vengono ascoltate, più l'artista guadagnerà.
Va precisato che il totale da cui viene calcolato il 70 % non è universale (valido in tutto il mondo), ma viene calcolato per singolo Paese.
Nazioni diverse possono generare guadagni diversi per singolo stream, una differenza in alcuni casi notevole.
Questo perché ogni Paese ha un differente numero di utenti paganti (che costituiscono alla maggior parte dell'incasso), mentre le tariffe pubblicitarie (che monetizzano gli utenti free) sono diverse da nazione a nazione.
I valori cambiano lievemente di mese in mese, senza variazioni significative quindi.
Quindi per raggiungere i 1.000 dollari USA si parla di milioni di ascolti.
Differenze sostanziali ci sono anche tra versione free e premium.
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