Quella delle Dot-com fu una delle bolle speculative più note.
Scoppiò a metà degli anni '90 ed era legata alla scoperta delle nuove tecnologie informatiche.
Come ogni altra crisi generata da una bolla speculativa, la crisi del Dot-com si è sviluppata attraverso la classica sequenza:
1) Fiducia da parte degli investitori nelle potenzialità di un prodotto/azienda
2) Crescita rapida del prezzo del prodotto
3) Evento che fa vacillare le aspettative di importanti guadagni
4) Flussi di vendite
5) Crollo finale del prezzo del prodotto
Questa sequenza di eventi si era osservata, già nel 700 con la bolla dei Tulipani, poi nell'800 in occasione del boom delle ferrovie, nel 1920 per automobili e radio, nel 1950 nei riguardi dei transistor elettronici e nel 1980 per home computer e biotecnologie.
Un elemento tipico delle bolle speculative è costituito dall'attitudine degli individui a mettere in atto comportamenti imitativi (herding behaviour) ispirati all'agire comune e alle prassi maggiormente diffuse tra gli altri investitori (acquisto o vendita).
Sia nella fase della crescita sia nella fase dello scoppio della bolla, gli operatori di mercato, infatti, tendono a operare scelte di investimento e, rispettivamente, disinvestimento indotte dall'euforia del momento e dalla paura diffusa di perdere in pochi istanti l'intero valore dei titoli in portafoglio (il cosiddetto panic selling), piuttosto che da valutazioni oggettive sulle prospettive di futuri rendimenti.
L'INIZIO DELLA BOLLA
Nel 1994, con la quotazione di Netscape (la società che sviluppò il primo browser commerciale per internet) prese il via un nuovo ciclo economico, definito New Economy.
Altre protagoniste furono Yahoo!, AOL e WorldCom.
La New Economy si contrapponeva alla Old Economy basata prevalentemente sul settore manifatturiero.
Ciò diede il via allo sviluppo di aziende operanti su Internet o, più in generale, nel settore informatico, chiamate Dot-com companies (dal suffisso ‘.com' dei siti attraverso i quali tipicamente tali società operavano), agevolate anche dal basso costo del capitale in un contesto di bassi tassi di interesse.
L'euforia generale derivante da internet e dai concetti di ‘sviluppo', ‘progresso' e ‘crescita', associati a un settore all'avanguardia come quello della new economy, alimentò le aspettative di futuri e continui aumenti del valore dei titoli emessi dalle aziende, a prescindere dalle informazioni espresse dai tradizionali indicatori di redditività (quali utili prodotti, indebitamento, beni materiali, disponibilità liquide, previsioni di crescita).
Ciò ovviamente si tradusse negli acquisti di titoli ‘.com' che sostenevano i corsi azionari verso una marcata sopravvalutazione delle società emittenti.
Ma quali erano le Dot-com degli anni 90? Broadcast.com, Amazon.com, mp3.com, tripod.com, dealtime.com, ebay.com, thesync.com, atomfilms.com, cdnow.com, icq.com, imdb.com, yahoo.com etc
Excite ad esempio venne acquistata da Home Networks il gennaio del 1999 per la cifra record di 6,7 miliardi di dollari e GeoCities venne rilevata da Yahoo! per 3,57 miliardi di dollari.
La stessa Yahoo! comprerà anche broadcast.com per 5,9 miliardi di dollari.
SCOPPIO DELLA BOLLA
Lo scoppio di una bolla speculativa generalmente è causato dalla saturazione del mercato, ossia dall'assenza di investitori disposti ad effettuare ulteriori acquisti a un prezzo che nel frattempo è diventato elevato, dall'incentivo a disinvestire per monetizzare il guadagno, ovvero dalla revisione delle prospettive di profitto.
Nel caso della bolla del Dot-com, inaspettatamente, a marzo 2000, i bilanci pubblicati da diverse aziende mostrarono risultati deludenti, fornendo l'evidenza che l'investimento nelle società del comparto poteva rivelarsi non profittevole nel lungo termine.
Le quotazioni cominciarono a calare, per effetto delle vendite da parte di coloro che intendevano disinvestire (prima che i titoli si svalutassero ulteriormente).
Il Nasdaq, l'indice azionario di riferimento, perse in tre giorni quasi il 9%.
FALLIMENTO
Nel corso del 2001 molte Dot-com companies chiusero o furono oggetto di operazioni di acquisizione e fusione.
In generale le quotazioni dei titoli del settore crollarono di oltre il 90% e parecchie società fallirono miseramente.
Lycos acquistata da Terra Networks nel 2000 per la cifra astronomica di 12,5 miliardi di dollari venne rivenduta 4 anni dopo alla Daum Communications per 95 milioni di dollari.
The Globe raggiunse i 97 dollari per azione, per poi crollare a qualche centesimo.
VeriSign passò da 258 dollari a 65 nel giro di qualche mese.
InfoSpace invece nel suo boom toccò i 1385 dollari per azione per poi crollare a 20.
E IN ITALIA?
In Italia si ricorda il caso Tiscali, e.Biscom, Blu e Finmatica.
Fondata nel 1997 da Renato Soru, nel 1999 Tiscali viene quotata in borsa; dal 2001 fino al 2003 le azioni sono negoziabili anche sulla borsa francese.
Tiscali è una società innovatrice: lancia per prima in Italia il servizio di preselezione dell'operatore, e con un software riesce a offrire le telefonate gratuite via internet.
Nell'aprile del 2000 le quotazioni di Tiscali a Piazza Affari salgono in modo vertiginoso e la società di Cagliari è capitalizzata per oltre 18 miliardi, più della Fiat.
Anch'essa è travolta da questo tracollo: da 1200 euro a 2 euro nel 2004 (per una perdita del 98% dai massimi).
e.Biscom invece viene fondata nel 1999 a Milano da Scaglia insieme al finanziere Francesco Micheli, in pieno boom della new economy, con il progetto di sviluppare una rete capillare in fibra ottica nell'area metropolitana di Milano.
e.Biscom è la guida cui fanno riferimento altre società tra cui Fastweb, partecipata allora anche dalla municipalizzata Aem, che eroga i servizi di TLC.
Debutta in Borsa nel marzo del 2000, un attimo prima dell'inversione di tendenza che avrebbe decretato lo sgonfiarsi della bolla della new economy e delle Dot.com.
La mattina del 30 marzo non è possibile avviare le quotazioni per eccesso di rialzo.
E' il titolo più scambiato della seduta e chiude a 222 euro.
Poi man mano il crollo.
Rilevata da Swisscom, crolla sino ad ad una decina di euro per azione.
L'operatore telefonico Blu viene fondato nel 1999, è l'ultimo operatore GSM arrivato sul mercato: inizia l'attività nel maggio del 2000 ed è subito un successo.
Dell'azionariato fanno parte i gruppi italiani Autostrade, Benetton, Mediaset, Banca Nazionale del Lavoro, Italgas e Caltagirone e gli stranieri British Telecom (Bt) e Distacom (con sede ad Hong Kong).
Primo gestore in Italia e secondo in Europa a lanciare il servizio GPRS, Blu si dimostra una delle più veloci start-up nel mondo delle telecomunicazioni: a gennaio 2001, a meno di 10 mesi dal lancio, la società raggiunge i 900.000 clienti e a marzo dello stesso anno supera quota 1 milione.
Il 7 agosto 2001, al fine di ampliare l'offerta commerciale, la compagnia telefonica acquisisce la licenza per la telefonia fissa.
L'azienda continua la sua crescita: a fine 2001, Blu ha all'attivo 1.600.000 clienti.
Ma con la vendita delle quote di Mediaset a Bt e il ritiro del Gruppo Benetton, Blu entra in una fase di smobilitazione e il 6 agosto 2002 il cda della società dà il via alla cessione del parco clienti a Wind ed Omnitel (oggi Vodafone Italia), del capitale sociale a Tim e di altri rami aziendali a H3G.
Blu spegne il suo segnale l'8 ottobre 2002.
Finmatica sbarca a Piazza Affari il 24 novembre del 1999 a un prezzo di 5 euro.
Scatta la corsa all'accaparramento del titolo, tanto che il giorno seguente, Finmatica schizza a 40 euro per azione, per chiudere la giornata appena sotto quel livello.
Finmatica non ha ancora finito di stupire e arriva al suo record l'8 marzo del 2000, quando il titolo è scambiato a 191,5 euro.
Ma la parabola sta per concludersi: complice lo scoppio della bolla della new economy (partendo dal crollo del Nasdaq), il trend di Finmatica si inverte definitivamente e per gli investitori non ci fu più nulla da fare.
Tuttavia il peggio deva ancora arrivare.
Nei primi giorni del 2004, in piena bufera Parmalat, i vertici di Finmatica annunciano l'intenzione di procedere con l'emissione di nuovo prestito obbligazionario.
Sarà un tracollo simile a quello di Parmalat.
Ci sarebbero anche altre aziende da citare quali Tin.it e Kataweb.
CHI E' SOPRAVVISSUTO?
Nel 2004, solo il 50% delle società quotate nel 2000 erano ancora attive a quotazioni infinitesimali rispetto ai loro massimi.
Pochissime società riescono a sopravvivere alla tempesta e finiscono per dominare il web: Amazon cresciuta del 93%, eBay, Google, Apple.
Yahoo! sopravvive ancora oggi ma dai tempi d'oro ha perso oltre il 90%.
Altre aziende furono liquidate o assorbite (con i domini internet comprati, per ironia della sorte, dall'old economy).
O peggio finirono in bancarotta.
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