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martedì 7 giugno 2016

Bush e La Macchina Ipertestuale Memex: As We May Think (1945)

Già in “As We May Think” (anno 1945) l'ingegnere americano Vannevar Bush, si parlava di dati organizzati in ordine alfabetico o comunque strutturati in modo rigido.
In realtà queste idee gli erano venute in mente una decina di anni prima.
Nel suo scritto Bush propone di realizzare una calcolatore analogico o come meglio dire una macchina ipertestuale chiamata Memex (Memory Expansion), dotata di un sistema di archiviazione in microfilm (supporto analogico in pellicola) più o meno come le nostre odierne memorie di massa (il funzionamento è quello) che consentisse di inserire pagine di libri e documenti riproducendoli ed associandoli tra loro.
Il Memex avrebbe risolto la difficile reperibilità di libri ed informazioni vista la mal-organizzazione delle biblioteche, permettendo quindi di collegare i vari segmenti di informazione tramite libere associazioni, in modo analogo a quanto accade dentro alla mente umana.

“La mente umana opera in modo associativo. Avendo afferrato un concetto, essa salta istantaneamente al prossimo che viene suggerito dall’associazione di idee, in accordo con qualche intricata ragnatela di percorsi tracciata dalle cellule del cervello”

E proprio per emulare in modo meccanico questo tipo di funzionamento, Bush concepì e propose il Memex: più precisamente un dispositivo a forma di scrivania sul cui piano vi sono schermi su cui possono essere proiettati i microfilm.
Il tutto con una una tastiera, un insieme di leve e bottoni.
All’interno della scrivania vi è un sistema elettromeccanico che può gestire in modo automatico una libreria che memorizza milioni di pagine d’informazioni sotto forma di microfilm.
Le informazioni possono essere rapidamente richiamate tramite chiavi di ricerca, che operano sul sistema meccanico di libreria per proiettare sullo schermo le immagini contenenti le informazioni volute.
Esso permette all’utente di costruirsi un percorso personalizzato di consultazione, mediante associazioni che possono essere stabilite fra le informazioni.
Nel suo articolo, Bush illustrò ed esemplificò il concetto di ipertesto, con pagine che l’utente può navigare spostandosi dall’una all’altra seguendo collegamenti che associano punti di una pagina a punti su altre pagine “semplicemente premendo un bottone sotto il codice corrispondente”.
Per gestire questa massa d’informazioni, Bush non riusciva ancora a pensare ad un computer.
L’ENIAC, il primo elaboratore elettronico, veniva completato in quegli anni ma all’epoca non era ancora lontanamente pensabile che un dispositivo di quel genere potesse diventare sufficientemente affidabile e soprattutto poco costoso tanto da diventare uno strumento personale.
Bush auspicava comunque  un mondo in cui esisteva uno strumento a disposizione dell’uomo, utilizzato per archiviare informazioni, connetterle fra loro in strutture metatestuali e ipertestuali, ed estrarne analisi e sintesi che costituiscano risposte alle domande che l’uomo si pone.
In poche parole, senza saperlo, Bush anticipò non solo i collegamenti ipertestuali ma anche i computer e gli odierni motori di ricerca.

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