Qualche settimana fa il Guardian ha pubblicato quella che potremmo definire una scoperta abbastanza strana: un rapporto sulla presenza dell’NSA e dei colleghi inglesi del GCHQ su World Of Warcraft e altri giochi online allo scopo di spiare.
Il documento i cui dettagli sono stati pubblicati non è particolarmente recente, risalendo all’ormai lontano 2008, e parla di come siano state stabilite delle teste di ponte di agenti nei MMORPG e anche in Second Life, anche per reclutare agenti “sul campo” tra le decine di milioni di affezionati giocatori che da tutto il mondo si collegano per uccidere qualche orco in compagnia.
Le motivazioni dietro a questo pattugliamento virtuale sono forse il desiderio di beccare qualche hacker o terrorista che sfruttano le possibilità di comunicazione che questi luoghi virtuali permettono.
Un panorama tanto vasto, dicono gli analisti dell’NSA, non può essere lasciato senza controllo: “Un network di comunicazioni ricco di bersagli sensibili che si possono nascondere in piena vista”.
L’interesse dei terroristi, dice l’NSA, non era tanto per i giochi o per le community, quanto per la tecnologia usata per comunicare.
Network di instant Messaging interni ai vari giochi, con tanto di funzioni di teleconferenze, addirittura con feedback video.
Registrazioni vocali, scatti fotografici dalla webcam, si poteva ottenere molto su un individuo.
La Blizzard ha già dato un comunicato ufficiale, dicendo di non sapere nulla di operazioni come queste, e che se sono state portate a termine è contro la loro volontà.
Microsoft (per quanto concerne Xbox Live) e Linden Lab (Second Life), invece, non hanno lasciato commenti.
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