“Prendete in mano un polveroso floppy disk riposto in qualche cassetto: le informazioni esistono all’interno di quel supporto che potrebbe apparire un pezzo di museo per i nativi digitali.
Dati che però sono illeggibili con i moderni supporti. Andate un po’ oltre. E pensate a quanti oggetti digitali si potrebbero perdere nelle viscere dell’evoluzione tecnologica del prossimo secolo.
Se non si trova una soluzione, il Ventunesimo secolo sarà un enorme buco nero. Se avete una foto alla quale tenete davvero, stampatela”.
Questa la dichiarazione del vice capo di Google, Vinton Cerf (uno dei fondatori d'internet, avendo inventato il protocollo IP/TCP).
Ma a cosa allude Cerf? Semplicemente al progredire della tecnologia quindi all'impossibilità di leggere foto, documenti ma anche software ormai datati per via dell'obsolescenza digitale provocata da formati e supporti ormai datati quindi inaccessibili.
Tutto ciò va sotto il nome di "Digital Dark Age" ("Medioevo Digitale").
Si parlò anche di ciò nella conferenza della International Federation Of Library Associations And Institutions nel 1997 e poi nel 1998 al convegno Time And Bits.
Si è usato il termine "Dark Ages", riferendosi all'Alto Medioevo, proprio per una relativa mancanza di documenti scritti (in proporzione a quelli digitali), la citazione è dovuta anche al fatto che dal punto di vista storico il medioevo è quasi inaccessibile.
Per obsolescenza digitale ci si riferisce non all'inaccessibilità di una risorsa digitale causata dal naturale/accidentale deterioramento del supporto su cui era registrata l'informazione ma quanto alla mancanza di un supporto fisico (o software) in grado di leggere tale dato.
Pur essendoci un supporto fisico, un qualsiasi lettore, comunque potremmo essere impossibilitati per via di driver o software ormai non più supportati.
Un giorno, anche i documenti Word, potrebbero non essere più supportati.
“Pensando a 1000, 3000 anni nel futuro, dobbiamo domandarci: come preserviamo tutti i bit di cui avremo bisogno per interpretare correttamente gli oggetti che abbiamo creato? Senza neanche rendercene conto, stiamo gettando tutti i nostri dati in quello che rischia di diventare un buco nero dell’informazione. Nei secoli a venire chi si farà delle domande su di noi incontrerà delle enormi difficoltà, dal momento in cui la maggior parte di ciò che ci lasceremo dietro potrebbe essere solo bit non interpretabili”.
Cerf porta l’esempio anche di un libro scritto da Doris Kearns Goodwin sul presidente americano Lincoln (“Team Of Rivals: The Political Genius Of Abraham Lincoln”).
Per scriverlo, Kearns ha consultato intere librerie contenenti copie della corrispondenza scritta tra Lincoln e le persone che lo circondavano.
“Immaginiamo che ci sia una Doris Kearns Goodwin del ventiduesimo secolo, che voglia scrivere un libro sull’inizio del ventunesimo secolo cercando di avvalersi delle conversazioni di quel tempo. Scoprirebbe che enormi quantità di contenuti digitali sono o evaporati, perché nessuno li ha salvati, o a disposizione ma non interpretabili, perché creati con software vecchi di cento anni”.
Il digitale ci ha sedotto con l’idea che il bit sia immortale, motivo per cui quando abbiamo qualcosa a cui davvero teniamo, corriamo subito a digitalizzarlo: foto, vecchi filmini di famiglia, lettere d’amore, documenti, etc. Peccato, però, che anche i bit possano "marcire", diventa tecnicamente impossibile leggerli.
ESEMPI FAMOSI
Negli anni 80, era routine salvare i documenti sui Floppy Disk, caricare il videogioco “Jet Set Willy” da una cassetta al Sinclair ZX Spectrum, uccidere alieni con un joystick Quickfire II e avere delle cartucce Atari Games in soffitta.
O guardare le videocassette (VHS).
Oggi, anche se i dischetti e le cassette sono in buone condizioni, in molti casi l’equipaggiamento necessario per utilizzarli si trova principalmente solo nei musei.
O ad esempio un caso famoso è avvenuto con i dati delle immagini dello sbarco su Marte del Viking nel 1976, conservati dalla NASA: per oltre un decennio, i nastri magnetici non sono stati utilizzati. Quando furono analizzati di nuovo, i dati risultarono illeggibili perché codificati in un formato sconosciuto e i programmatori originali erano morti.
Le immagini furono poi estratte dopo molti mesi in cui si rese necessaria l'analisi dei dati e dei metodi di registrazione con le apparecchiature originali.
Un altro esempio è stato il progetto BBC Domesday, un censimento nazionale digitale compilato 900 anni dopo il Domesday Book (problema poi risolto nel 2002 con l'implementazione di un emulatore in grado di rendere leggibili le informazioni registrate sui dischi anche da computer moderni).
PRESERVAZIONE DI DATI DIGITALI
Secondo Cerf, l’unica via d’uscita è iniziare a pensare sul serio al problema della preservazione del digitale. Una soluzione possibile è ciò che ha definito “manoscritto digitale”, un concetto su cui stanno lavorando gli ingegneri della Carnegie Mellon University di Pittsburgh.
In sostanza si tratta di fare delle “istantanee digitali” (“snapshot”) di tutti i processi che in futuro saranno necessari per riprodurre il dato oggetto, incluso il software e il sistema operativo.
L’istantanea potrebbe poi essere utilizzata per visualizzare la foto, il testo o il gioco in un computer “moderno”, anche a distanza di secoli.
Certo, si potrebbe ribattere che, a livello di collettività, i documenti più importanti saranno comunque copiati e adattati per i nuovi media, e che quindi non dovremmo farci carico della preoccupazione storica.
Ma Cerf ha una risposta anche per questo, prendendo in prestito una delle convinzioni più profonde degli storici: a distanza di secoli, anche documenti apparentemente irrilevanti possono rivelarsi importantissimi per la comprensione di un’epoca, con la sua sensibilità e il suo punto di vista.
INTERNET ARCHIVE
Fondata nel 1996 in California(San Francisco), Internet Archive, è una organizzazione creata appositamente per costruire una Biblioteca Internet.
Lo scopo è quello di offrire accesso permanente a ricercatori, studiosi, scienziati, curiosi e nostalgici a vere e proprie collezioni in formato digitale.
Trattasi sempre di dati ed informazioni digitali ma lo scopo è quello di archiviare files e siti internet che invece si sarebbero "persi" online(in quanto eliminati o non più accessibili).
Verso la fine del 1999 la struttura è cresciuta enormemente ed ha cominciato ad arricchirsi di grosse collezioni.
Le biblioteche esistono per conservare, custodire e preservare le opere di ingegno e dare accesso ad esse.
Questa è l’era digitale e devono quindi diventare digitali.
L’Internet Archive ha salvato anche molti filmati che sarebbero andati perduti o dimenticati.
I creatori dell’Archivio intendono conservare ogni documento filmico, sonoro o cartaceo che sia stato prodotto al mondo.
Insomma, quando cercate qualcosa, spesso Internet Archive potrebbe essere la soluzione.
L’Archivio lavora per preservare tutto ciò che passa su Internet o che può essere conservato in rete (pur non essendo stato prodotto per essa) ma che merita di essere preservato.
Con Internet Archive si vuole affermare il diritto a ricordare.
Senza le biblioteche cartacee sarebbe difficile esercitare un diritto del genere.
Del resto una civiltà come la nostra che vuole essere digitale(e ricordata) corre il rischio di perdere la sua memoria.
Nel caso degli Lp pensavo fossero morti ma vedo che certi gruppi attuali vendono anche con quelli, così come ci sono ancora persone che conservano videoregistratori o pc vecchi. Il probema sorge quando non c'è + nessuno che li ripara.
RispondiEliminaSi esatto...anche MS musicali, in qualche vecchio negozio, si trovano ancora.
EliminaAnche io conservo i vecchi PC :) (idem le VHS)