Mai sentito parlare della Biometria?
Il più semplice sistema di riconoscimento biometrico è ovviamente l’impronta digitale.
Largamente utilizzato da anni, permette di identificare univocamente una persona partendo dall’impronta lasciata dai dermatoglifi dell’ultima falange delle dita della mano.
In poche parole i sistemi biometrici hanno lo scopo di identificare una persona sulla base di una o più caratteristiche biologiche e/o comportamentali, confrontandole con i dati, precedentemente acquisiti e presenti nel database del sistema, tramite degli algoritmi e di sensori di acquisizione dei dati in input.
Ogni individuo, gemelli omozigoti inclusi, ha impronte digitali uniche, immutabili e individuali, caratteristiche che le rendono perfette come strumento di identificazione e accesso a dati e sistemi. Vista la loro costituzione biologica le impronte digitali sono infatti immutabili, anche tagli o abrasioni non comportano (dopo la loro guarigione) a modifiche nel disegno delle impronte.
Chirurgicamente inoltre è impossibile modificare le impronte in maniera da essere identiche a quelle di qualcun altro, è possibile un’abrasione profonda, con danni permanenti, ma in questo caso i danni si riflettono anche a livello funzionale sul tessuto sottostante.
A livello biometrico le impronte digitali rappresentano dunque una fotografia unica appartenente a un singolo individuo.
Gli strumenti per leggerne lo stato e garantire o negare l’accesso a dati o sistemi sono in commercio da anni, sono integrati in diversi sistemi e ormai di uso comune.
SCANNER D'IMPRONTE DIGITALI
Uno scanner di impronte digitali agisce come un normale scanner per documenti in scala molto più piccola.
La prima configurazione avviene leggendo più volte l’impronta in modo da memorizzare alcuni tratti caratteristici nel database cifrato all’interno. La lettura per l’accesso avviene nel medesimo modo, e se il sistema riconosce l’impronta come identica all’originale, approva l’accesso a dati o sistemi.
In commercio esistono sensori integrati nei dispositivi o separati e utilizzabili per scopi diversi.
Su molti notebook è da anni presente un piccolo lettore a fessura sul quale far scorrere il dito.
In questi casi il lettore è fermo e il trascinamento del dito permette di effettuare una scansione completa da comparare con l’originale.
Molto spesso è utilizzato il dito indice, sia per la sua maggior comodità e rapidità d’uso sia per motivi pratici: esso è infatti il dito con l’impronta maggiormente chiara per via della sua normale conformazione quasi piana.
L’evoluzione tecnologica e la conseguente riduzione delle dimensioni di questi sistemi, ha permesso la loro integrazione anche negli smartphone più in voga, come l’iPhone 6s o il Galaxy S5, permettendo (con risultati alterni) di rendere sicuri i propri dispositivi in maniera definitiva.
Sul mercato, per poche decine di euro, si possono trovare lettori Usb esterni di impronte digitali: con un dispositivo di questo tipo è possibile rendere sicuro il proprio desktop o notebook imponendo l’inserimento di una password biometrica per l’accesso (tutti i più diffusi sistemi operativi la supportano ormai nativamente).
L’importante è avere una password di backup (lunga e complessa) da utilizzare in caso di fallimento del riconoscimento biometrico o di guasto hardware del dispositivo.
Le impronte digitali consentono dunque una sicurezza d’accesso davvero notevole con una praticità e un’efficacia che le normali password non possono raggiungere.
DUPLICAZIONE IMPRONTE DIGITALI
In realtà esiste la possibilità di duplicare le impronte di una persona (leggendole da un’impronta lasciata su una qualunque superficie) e replicando la struttura su un supporto di silicone. Questo approccio permette di superare i lettori biometrici più semplici e rappresenta uno dei pochi punti deboli di questo approccio.
Se le impronte digitali possono essere duplicate utilizzando processi di lettura e stampa su materiali flessibili (ma entriamo nel campo dello spionaggio), non si può dire la stessa cosa per la struttura vascolare. Ognuno di noi ha infatti all’interno di ogni mano un reticolo fittissimo di vene, arterie e capillari che costituiscono una ragnatela unica per ogni individuo.
Essendo interna alla mano essa non risulta modificabile o alterabile e rappresenta un ottimo elemento da utilizzare in termini di sicurezza e accessi biometrici.
Questi percorsi sono unici e forniscono una caratteristica biometrica non visibile a tutti, ampia e stabile nel tempo, immutabile anche da fattori fisici come cicatrici, ferite o semplici mani sporche.
La prima lettura consiste nel mapping completo della struttura tridimensionale, salvata poi (ovviamente in maniera sicura) sui dispositivi che operano il riconoscimento.
Successivamente avvicinando la mano, anche tenendola a distanza di circa 5 cm dal lettore, una luce infrarossa effettuerà la scansione e il software si occuperà di valutare a quale profilo salvato si riferisce la mano in questione.
In commercio troviamo diverse soluzioni di questo tipo.
Una tra le più apprezzate è la Palm Secure di Fujitsu.
Questa soluzione è tra le prime in grado di rendere possibile il riconoscimento biometrico anche su comuni PC, tramite alcuni device in grado di utilizzare la semplice connessione USB e software compatibile con la maggior parte dei sistemi operativi.
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