È dai primi mesi del 2014 che si rincorrono voci in merito alla discesa in Italia del più popolare (e legale) servizio di streaming di film al mondo: Netflix.
La discesa verso il Sud Europa di Netflix (già presente in Svezia, Olanda, Irlanda e Gran Bretagna) muove un fermento che tocca trasversalmente più nicchie e settori: dagli economisti ai professionisti delle imprese web, dagli appassionati di tecnologia ai numerosi “drogati” di serie televisive.
Al di là dei tempi e dei modi con cui ciò avverrà (perché una cosa è certa, prima o poi si realizzerà), vale la pena ripercorrere e studiare i motivi che stanno alla base di questo successo.
Un successo che, ad oggi, vede Netflix come l’azienda tecnologica più competitiva sul mercato azionistico rispetto agli altri grandi colossi come Amazon, Apple o Google.
Un successo silenzioso ma implacabile, sicuramente meno bruciante ed esplosivo rispetto a quello di Facebook e meno epico di quello di Apple, ma non per questo meno capace di creare una mitologia personale.
LE ORIGINI DI NETFLIX
La storia di Netflix è infatti un racconto che si dilata nel tempo e che non annovera un protagonista fascinoso e carismatico come Steve Jobs, né uno ambiguo come Mark Zuckerberg.
Probabilmente neanche dotato dell’ingegno di Bill Gates ma sufficientemente scaltro, caparbio ed efficace da trasformare in poco più di un decennio un bislacco servizio online in un’azienda da un miliardo di dollari.
La genesi di Netflix risale all’estate del 1997, quando Hastings, dopo aver venduto la propria azienda informatica Pure Software, arruola il collega Marc Randolph e altri specialisti del marketing per dedicarsi a una nuova startup orientata all’industria dell’intrattenimento.
Siamo nell’epoca in cui l’home video era ancora essenzialmente dominato dal supporto Vhs e dalla Tv via cavo.
Come detto nel 1997 un gruppo di informatici fonda una company che guarda al business del cosiddetto pay per rental.
L’idea è quella di organizzare la distribuzione postale di supporti audiovisivi, dando così un’alternativa alle classiche attività di videonoleggio.
Blockbuster è in quegli anni in forte ascesa: la videocassetta si è affermata rapidamente come la modalità privilegiata dagli americani per la visione domestica dei titoli cinematografici.
Ma il modello di espansione applicato da “BigBlue” è basato su una rete di punti vendita estremamente costosi sotto il profilo gestionale.
Blockbuster infatti fonda la propria idea di servizio sulla presenza di personale in store e promette profondità di prodotto alla clientela, che è abituata a noleggiare soprattutto le novità e vuole trovarle a disposizione quando va in videoteca.
Più che questo o quel titolo, viene venduta la “Blockbuster Night”, un formato che diventa di grande successo, perché ricalca le modalità del drive in: l’idea di andare da Blockbuster, scegliere a parete il titolo da vedere, acquistare food and beverage, e passare una serata in famiglia o con gli amici, a un prezzo estremamente competitivo rispetto a una proiezione in sala.
Si sviluppa anche un’agguerrita concorrenza sul territorio, con altre catene di entertainment che offrono un assortimento competitivo rispetto a quello di Blockbuster, provando a essere aggressive sul prezzo.
Anche in Europa, le videoteche crescono negli Anni Novanta a grande velocità.
In Nord America si guarda invece a soluzioni che evitino il disagio di dover riportare il film in videoteca dopo averlo visionato.
Non è un mistero infatti che gran parte della marginalità di Blockbuster è generata dalle penali legate alle riconsegne.
Ma quello che è un volano per il fatturato col tempo si rivela un boomerang, perché abbassa sensibilmente la soddisfazione del cliente.
É in questa fase che nasce Netflix, grazie all’intuizione di Reed Hastings.
La leggenda racconta che l’idea di lavorare sul noleggio di film per corrispondenza gli sia venuta dopo aver ricevuto una multa da 40 dollari per aver consegnato in ritardo la videocassetta del film Apollo 13 al proprio videonoleggio di fiducia.
La vergogna di dover raccontare alla moglie una tale leggerezza lo ha portato a cercare sfogo nella più vicina palestra ed è lì, correndo su un tapis-roulant con in testa il tipico modello di abbonamento a libero ingresso delle palestre, che sarebbe scaturita la scintilla del noleggio flat che permette a chiunque di vedere quanti film vuole e di trattenerli per il tutto tempo che vuole.
Perché non digitalizzare il noleggio, aprendo un grande negozio virtuale e istituendo un pagamento mensile senza numero massimo di film noleggiabili né penali da pagare per la restituzione in ritardo?
Era il 1996, l’era della videocassetta stava volgendo al termine.
Un anno più tardi, Hastings, insieme a Marc Randolph, collega e amico di vecchia data, dava vita a Netflix, un servizio di noleggio online, che prevedeva la spedizione dei DVD (o delle VHS) richiesti via posta.
La startup nacque con 30 dipendenti e un budget di 2,5 milioni di dollari in una piccola cittadina situata nella contea di Santa Cruz, a sud della Bay Area di San Francisco: Scotts Valley.
Qui, in questo piccolo centro da cinquemila anime a pochi chilometri dal Pacifico, la società trascorse i primi anni di vita, prima di muoversi nella poco distante Los Gatos, dove ha ancora oggi il suo quartiere generale.
Dopo diciassette anni i dipendenti, però, sono diventati 2045.
GLI ATTRITI CON BLOCKBUSTER E LA RIVOLUZIONE
All’inizio, Netflix offriva il noleggio di singoli film in DVD, che venivano spediti via posta al richiedente, per un costo totale di 6 dollari (4 di noleggio, 2 di spese di spedizione).
Tra il 1999 e il 2000, la svolta: il servizio viene ricondotto all’idea originale, quella cioè di offrire un numero illimitato di noleggi in cambio di un prezzo fisso, un flat rate mensile.
L’intuizione cambia radicalmente le sorti di Netflix che, solo sette anni più tardi, taglia un traguardo record: il miliardesimo DVD noleggiato.
Ma la storia sarebbe potuta cambiare radicalmente nel 2003, se Blockbuster non avesse rifiutato di investire 50 milioni di dollari per acquisire la compagnia di Los Gatos.
Hastings chiese infatti 50 milioni di dollari, che il gruppo di Dallas considera troppi.
E così, alla ricerca di nuova liquidità con cui crescere, Netflix mette sul mercato parte del proprio stock.
É una fase estremamente delicata, con una serie di trimestrali tutte in perdita, interrotte nel 2003, quando arrivano i primi profitti.
Ma l’attenzione degli investitori determina la necessità di darsi un business plan più rigoroso.
Hastings non sembra particolarmente tagliato per il mondi della finanza: più volte Netflix viene richiamata e e sanzionata perché il Ceo sul proprio blog svela le nuove strategie senza prima averne dato comunicazione al mercato.
Intanto la library ha raggiunto i 35mila titoli, anche grazie alla ormai completa affermazione del Dvd, che consente di superare i costi dell’acquisto del doppio formato.
Un errore fatale quello di Blockbuster: si stima, infatti, che l’ex colosso del video entertainment abbia speso, negli anni successivi, dieci volte tanto per tentare di arginare (inutilmente) la crescita di Netflix.
Blockbuster ai tempi non temeva affatto la concorrenza di Netflix e, anzi, continuava a domandarsi perché mai qualcuno avrebbe dovuto aspettare giorni per avere il proprio DVD per posta quando poteva recarsi a un qualunque Blockbuster Store, che, ai tempi, copriva il 95% delle aree statunitensi.
Il finale della storia è noto, con Blockbuster che dieci anni dopo dichiara bancarotta, mentre Netflix nello stesso momento festeggia i primi 14 milioni di abbonati e porta a compimento il proprio servizio di streaming di film e serie televisive che lo porterà a divenire nel giro di tre anni il leader indiscusso dell’online entertainment.
La sfida fra Netflix(bizzarra impresa di noleggio video per corrispondenza) e Blockbuster(mega-catena di negozi attiva in tutto il mondo), è diventata per gli imprenditori della Silicon Valley un’allegoria delle imprevedibili evoluzioni del mercato e il perenne monito a non sottovalutare mai neanche il più piccolo competitor.
La prima vera grande intuizione di Netflix sta non solo nel concepire un business redditizio nel momento in cui si sta realizzando la grande bolla speculativa che determina il tracollo di molte imprese online (la cosiddetta Dot-com bubble di fine anni Novanta).
Il vero rischio sta soprattutto nel puntare su un prodotto di consumo ancora di nicchia come il DVD e nell’andare a sfidare direttamente i grandi colossi del videonoleggio come Movie Gallery e Blockbuster LLC. Quest’ultima in particolare, come abbiamo visto, rappresenta un’altra pagina della grande mitologia legata a Netflix.
Il neologismo “netflixed” è perfino diventato un modo per intendere la distruzione inaspettata di un modello di business precedentemente di successo.
Netflixed è anche il titolo del saggio di Gina Keating, che dedica ampia parte del suo lavoro a raccontare la violentissima sfida fra le aziende di videonoleggio che ha animato buona parte del primo decennio del 2000.
"Quando cominciai a occuparmi dell’industria dell’intrattenimento di Los Angeles per la Reuters nella primavera del 2004, Netflix aveva appena raggiunto 1,9 milioni di abbonati e stava ancora mostrando tante perdite quanti profitti.
Negli anni seguenti ho visto Hastings e la sua azienda emarginata divorare una sempre più ampia fetta del mercato in crescita del noleggio online, con mosse ardite che sfidavano le predizioni di Wall Street sull’ampiezza del mercato e la forza dei suoi rivali più importanti.
Ho visto una squadra dotata e disciplinata cambiare il modo in cui le persone noleggiano i film, non per i soldi, ma per la sfida di distruggere un’industria del “mondo reale” e portarla online. Nella ricerca di creare un software elegante e interfacce intuitive, Netflix si è imposta come decisiva nel determinare i gusti come Apple, innovativa come Google e dotata di un marchio potente come Starbucks".
La forza di Netflix risiede nella sua capacità di trasformarsi, sapendo cogliere in anticipo le tendenze del mercato.
Nel suo momento di massimo splendore, il 2007, il portale ha lanciato un servizio di video streaming on-demand.
Era l'epoca in cui la diffusione della band larga stava mettendo in seria difficoltà gli home-video.
E lo fece meglio dei concorrenti, prendendo spunto (anche) dai servizi già attivi nel Regno Unito: Homechoice, Telewest, NTL.
La disponibilità on line di film e Tv show in violazione della normativa sul diritto d’autore diventa un fenomeno a crescita esponenziale.
Quasi in tutti i territori dove l’audiovisivo è un consumo domestico radicato, il 2007 è l’ultimo anno in cui il settore fa segnare una crescita pronunciata.
Poi i volumi dei Dvd si stabilizzano e in determinate aree a forte incidenza della pirateria informatica cominciano drasticamente a decrescere.
Spagna, Italia, America Latina fanno segnare le perdite più sensibili.
Presto le catene di videoteche che offrono un servizio assistito da personale entrano in crisi.
Per provare a ridurre i costi gestionali, sulla falsariga di quanto avvenuto in Italia con le gallerie di distributori automatici, negli Usa si diffondono i chioschi automatizzati Redbox, che consentono, grazie a una presenza molto capillare sul territorio, di prelevare e consegnare il prodotto in punti diversi, magari andando o uscendo dal lavoro.
Più comodo di un Blockbuster, insomma.
E meno macchinoso del sistema del rental by mail, che deve peraltro sottostare alle progressive razionalizzazioni del servizio postale americano, a partire dalla sospensione delle consegne il sabato, giorno che rappresenta uno dei picchi in termini di numero di titoli noleggiati.
Mentre il declino delle videoteche “brick-by-mortar” appare inesorabile, in molti considerano Coinstar, la company di Duluth (Minnesota) che gestisce i chioschi Redbox, più attrezzata di Netflix per cogliere l’eredità di Blockbuster.
Ma il 2007 è anche l’anno in cui Los Gatos affianca al servizio originario un’offerta di prodotto veicolato in streaming.
Sembra soprattutto una soluzione studiata per arrivare dove le poste ci mettono troppo tempo.
La pirateria in Rete però continua a espandersi e le strategie degli Studios hollywoodiani cominciano a guardare al noleggio del supporto fisico come a un business in declino e a ragionare su di un modello sostenibile di distribuzione digitale legale.
Per molti anni il rental tradizionale ha garantito marginalità molto alte, in ragione del costo dell’acquisto della copia da noleggio da parte delle videoteche (In Italia si è arrivati anche a superare le 100mila lire); la copia digitale è certamente più comoda da noleggiare del supporto fisico, ma c’è un problema di prezzo percepito. Mettere tanti titoli in versione rental elettronico, come propongono i primi eshop, vuol dire aspettare il momento in cui le microtransizioni saranno riuscite a fare massa critica (e ciò non avverrà sino alla diffusione di iTunes).
In prospettiva i deal che Netflix è in grado di offrire per la licenza di sfruttamento del prodotto sulla propria piattaforma di streaming permettono di incassare da subito una cifra molto alta, superiore anche a quella offerta dalla free Tv.
E nel sistema delle finestre di sfruttamento del prodotto, i servizi on line accettano senza resistenze di venire dopo la sala cinematografica, il Dvd, la Pay-Tv, mentre Redbox punta ad avere i titoli in contemporanea alle videoteche tradizionali.
Uno dei motti della compagnia è sempre stato «stay flexible», spiegò Hastings nel 2009 alla CNN.
«Abbiamo chiamato la compagnia Netflix e non “DVD per posta” proprio perché sapevamo che alla fine avremmo distribuito i film direttamente via internet».
Così, effettivamente, accadde.
Al punto che, oggi, Netflix è il leader di un mercato in espansione, con migliaia di film (il numero è in costante evoluzione) e 20000 episodi di serie tv presenti nel database.
Oggi, Netflix non ha solamente ucciso il modello-Blockbuster, che ha chiuso i battenti a fine 2013 (curiosamente, l’ultimo DVD noleggiato da un negozio della catena è stata la commedia “This Is The End”). La compagnia ha superato quota 40 milioni di iscritti a livello globale (30,1 dei quali negli USA) mostrando una crescita impressionante nell’ultimo anno (+4,9 milioni tra ottobre 2012 e ottobre 2013), con un incremento ulteriore sul mercato internazionale di tre milioni entro la fine del trimestre in corso.
Per capire le dimensioni del fenomeno, basti pensare che, in questo momento, uno statunitense su dieci è iscritto a Netflix (senza calcolare i numerosi account gratuiti di prova); merito di un catalogo fornito e aggiornato, di un sistema di catalogazione strutturato e basato su una community solida, di un costo contenuto (al momento, 7,99 dollari al mese), di una scelta di contenuti originali in grande espansione.
Già, perché Netflix si sta evolvendo ancora.
Da “semplice" servizio di streaming video on demand (VOD), sta diventando una televisione a tutti gli effetti. Il grande successo di House Of Cards, trasmessa in prima visione sul portale durante il 2013, ha avuto un grande successo di pubblico e vinto numerosi premi.
I confini di Netflix, dunque, si espanderanno sempre di più, arrivando ad abbracciare nuovi generi e formati di produzione.
SONO TUTTE ROSE E FIORI?
Dalle parti di Los Gatos hanno le idee molto chiare, dunque, eppure non sono mancati alcuni incidenti di percorso.
Come quello avvenuto lo scorso 1 maggio, quando circa 1800 film scomparvero improvvisamente dal catalogo della piattaforma, causando il cosiddetto “Streamaggedon” che lasciò sgomenti moltissimi web-spettatori.
Alla loro scadenza, importanti accordi con alcune case di produzione, tra cui MGM, Universal, e Warner Brothers, non furono rinnovati.
«È il cambiamento ciclico degli accordi commerciali che variano e del contenuto che fluttua, va messo in conto», scrisse Jason Bailey su Flavorwire, chiedendosi però anche come mai «i servizi di video on demand facessero ancora così schifo».
Negli ultimi mesi, con la crescita degli utenti, è cresciuto anche il numero delle lamentele per un archivio di film in streaming giudicato troppo scarso dagli utenti.
La compagnia è intervenuta sulla questione, spiegando che la filosofia dietro all’azienda non è quella di offrire un archivio di tutti i film mai pubblicati, vecchi o recenti che siano, quanto piuttosto una videoteca quantitativamente limitata in grado di ruotare periodicamente, seguendo il flusso degli accordi commerciali sottoscritti con le varie case di produzione e distribuzione.
Netflix si considera più un curatore di contenuti, dunque, che un luogo dove accumulare uno dopo l’altro tutti i film della storia.
È questo, sicuramente, il motivo che permette alla piattaforma di mantenere un costo di abbonamento così basso.
Una sorta di compromesso, dunque, tra qualità e prezzo.
Un tipo di “via intermedia” che probabilmente verrà riproposta in Italia, dove Netflix potrebbe sbarcare nel 2014.
In Europa, la piattaforma è già disponibile in UK, Irlanda, Svezia, Danimarca, Norvegia, Finlandia, Francia.
Per approfondire:
Come Funzionano Netflix Ed Hulu
La Storia Di Blockbuster e Il Suo Fallimento
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