Ieri ha fatto scalpore ed è stata diffusa la prima immagine più o meno reale catturata da un Buco Nero supermassivo (conseguenza della relatività generale di Einstein e derivanti o da stelle che hanno esaurito il loro combustibile e si contraggono o da sistemi binari di Pulsar che consentono ad una delle due stelle di accrescersi e raggiunte le giuste dimensioni di diventare un Buco Nero), più precisamente il suo orizzonte degli eventi con fotoni (luce) che stanno per essere inghiottiti per sempre.
Già etichettata come la foto del secolo, un risultato dalla portata storica.
Curiosamente, ci si aspettava qualcosa sul Buco Nero al centro della Via Lattea Sagittarius A* (massa 4 milioni di volte superiore a quella del sole), che è molto più vicino, tuttavia i ricercatori della collaborazione EHT hanno scelto quello di M87, poiché l'osservazione non era disturbata dalle che fluttuano nella nostra galassia.
Inoltre il tutto è stato facilitato dal fatto che M87 è molto attivo nel "mangiare" materia e radiazioni.
Come detto, l’orizzonte degli eventi delimita il confine oltre il quale spazio, tempo, materia ed energia cessano di avere le loro proprietà ordinarie per via della sua fortissima gravità (dilatazioni temporali e contrazioni di lunghezza sono infinite). La singolarità al centro del Buco Nero, di fatto, non può essere nè vista nè fotografata nè illuminata perché cattura qualsiasi radiazione luminosa imprigionandola per sempre.
Il Buco Nero supermassivo presente al centro della galassia Messier 87 (M87), a 55 milioni di anni luce dalla Terra, è ha una massa stimata di 6,5 miliardi di volte quella del Sole.
Per catturare l’immagine, la comunità scientifica si è dotata di un telescopio chiamato Event Horizon Telescope (EHT), ovvero un network (collegato quindi) di 10 diversi telescopi installati in varie zone “estreme” del pianeta (deserti, vulcani, poli) e collegati tra loro in modo da funzionare come un singolo, grande telescopio di dimensioni planetarie (diametro di 12.000 km).
Le osservazioni EHT utilizzano una tecnica chiamata Very-Long-Baseline Interferometry (VLBI) che sincronizza le strutture del telescopio in tutto il mondo e sfrutta la rotazione del nostro pianeta per formare un enorme telescopio terrestre che osserva ad una lunghezza d'onda di 1,3 mm.
VLBI consente all'EHT di raggiungere una risoluzione angolare di 20 micro-secondi d'arco (cioè abbastanza per leggere un giornale a New York, da un caffè di Parigi).
Con questa tecnica un segnale emesso da una radiosorgente, quale un quasar o un Buco Nero, viene raccolto da più radiotelescopi dislocati sulla Terra.
Come secondo step è calcolata la distanza tra i radiotelescopi del sistema rilevando la differenza di tempo del segnale sorgente in arrivo ai diversi telescopi. Questo consente di effettuare l'osservazione di un oggetto sfruttando molti radiotelescopi, così facendo viene emulato un telescopio di dimensioni pari alla massima distanza tra i telescopi del sistema.
I dati ricevuti da ogni antenna del sistema sono tempi di arrivo sincronizzati, poi gli stessi sono combinati con quelli provenienti dalle altre antenne che hanno registrato lo stesso segnale radio, producendo l'immagine risultante. La risoluzione ottenibile utilizzando la tecnica interferometrica è proporzionale alla frequenza di osservazione.
Per incrementare la distanza tra i telescopi è possibile sfruttare la tecnica di imaging chiamata "closure phase" che permette una risoluzione anche superiore.
La VLBI è sfruttata maggiormente per l'imaging di radiosorgenti cosmiche lontane e per il monitoraggio di veicoli spaziali.
I telescopi che hanno contribuito a questo risultato sono stati ALMA, APEX, il telescopio IRAM da 30 metri , il James Clerk Maxwell Telescope, il Large Millimeter Telescope Alfonso Serrano, il Submillimeter Array, il Submillimeter Telescope e il South Pole Telescope.
Per maggiori info: EventHorizonTelescope
L’osservazione di M87 è avvenuta nel 2017, nell’arco di una settimana, e il lavoro di osservazione dei telescopi di EHT è stato coordinato e sincronizzato grazie all’uso di orologi atomici a base di maser all’idrogeno.
Ogni telescopio di EHT ha generato qualcosa come 350 terabyte di dati digitali per ogni giornata di osservazione (10.000 terabyte di dati, ovvero 10.000.000 gigabyte), dati che sono stati registrati su hard disk giganteschi ad alte prestazioni (sigillati con l’elio) e poi trasferiti al Max Planck Institute for Radio Astronomy e all’Haystack Observatory del MIT.
Qui una serie di supercomputer ha lavorato per mesi analizzando e ricostruendo le informazioni delle radio-osservazioni di EHT, generando infine l’immagine che ora è su tutti i siti Web, i quotidiani e i telegiornali del mondo.
Per quanto semplice, la foto dell’ombra del Buco Nero di M87 è sorprendentemente simile alle simulazioni grafiche fin qui scaturite dalle equazioni teoriche.
Si può comunque dire che non si tratta di una foto nel senso stretto del termine.
Daria Guidetti dell'Inaf (radioastronoma all'Istituto di Radioastronomia di Bologna): "Le onde radio che gli otto radiotelescopi hanno raccolto non sono visibili all'occhio umano perché, all'interno dello spettro delle onde elettromagnetiche, cadono al di fuori della luce che possiamo percepire con gli occhi, cioè i colori dell'arcobaleno. Se andassimo lì vicino (a distanza di sicurezza) non vedremmo quell'immagine lì con i nostri occhi"
Si tratta quindi di una mappa delle emissioni delle onde radio da parte di particelle che stanno precipitando dentro l'orizzonte degli eventi del Buco Nero.
Poi prosegue: "Quello che hanno fatto è trasformare qualcosa di invisibile (le onde radio) in visibile. Hanno usato i colori dal rosso al giallo, avrebbero potuto usare i toni del verde o del fucsia. È una trasposizione in falsi colori, come fotografare il calore di un caffettiera, lo possiamo rilevare e produrre una immagine. Se fossi lì e al posto degli occhi avessi due radiotelescopi, che poi sono antenne sintonizzate sul canale usato (230 Ghz) vedrei più o meno quello. Se i nostri occhi riuscissero a vedere solo le onde radio, non potremmo apprezzare quello spettacolo splendido ricco di stelle. Perché le stelle, in generale, emettono poche onde radio. Un Buco Nero ne emette molte e queste hanno il vantaggio di attraversare le abbondanti polveri che lo circondano, mentre le altre radiazioni, comprese quelle visibili, vengono bloccate, assorbite"
Dunque si tratta di radiazione elettromagnetica catturata e trasformata in colore attraverso l'elaborazione di un software.
Sostanzialmente il Buco Nero è un modello matematico, studiato teoricamente.
Questa situazione non va confusa con quella della "lente gravitazionale" (che ci permette di studiare oggetti molto distanti nell'Universo) , "fotografata" con il telescopio Chandra (della NASA).
L'immagine è più o meno sferica ma al centro c'è una galassia molto massiva.
Il suo potente campo gravitazionale distorce la luce prodotta da un Quasar (cioè una radio-sorgente definita "quasi stellare" che emette onde radio probabilmente provocate da un Buco Nero molto attivo che scalda a temperature di milioni di gradi i gas che gli stanno attorno) che però sta dietro, sullo sfondo, e la moltiplica, generando immagini di quel Quasar, lontano miliardi di anni luce. Grazie alla lente gravitazionale riusciamo quindi a studiare oggetti molto molto molto distanti dell'Universo.
Inoltre la foto di Chandra ritrae una zona che misura circa 1,6 milioni di anni luce di lato.
L'orizzonte degli eventi ripreso dai radiotelescopi dell'EHT misura, come diametro, circa 40 ore luce.
Nel 2006, sempre Chandra ha evidenziato le prime prove dirette dell'esistenza della materia oscura e l'eco prodotto dal Buco Nero al centro della Via Lattea (Sagittarius Alpha).
E' stato infatti dimostrato che quando del gas cade in un Buco Nero genera delle forti emissioni di Raggi X.
Nel 2017 una ricerca ha evidenziato la più alta concentrazione di Buchi Neri supermassicci mai osservata, diverse migliaia (5.000), in una piccola porzione di cielo.
Inoltre lo stesso telescopio ha permesso d'individuare un fenomeno nuovo chiamato CDF-S XT1 che si ipotizza possa essere generato dalla fusione di una stella di neutroni, una stella massiccia collassante in un Buco Nero o una nana bianca consumata da un Buco Nero medio.
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